Passo dopo passo sul Cammino di Santiago 

Da Foncebadón a Ponferrada

3 giugno 2018
Tappa 24 – Km. 27

Albergue Monte Irago a Foncebadón
Albergue Monte Irago a Foncebadón

 

 

La prima parte della tappa di oggi (circa un terzo) sarà ancora in salita; per il resto, il percorso sarà una lunga e continua discesa che ci porterà giù di quota di circa mille metri.

Durante l’itinerario di ieri non ho avuto dolori alle gambe e anche stamattina mi sento in forma; considerando però che le articolazioni sono sollecitate più nelle discese che nelle salite, decido anche quest’oggi di non portare pesi e affido al corriere il trasporto dello zaino.

 

In ostello, la colazione viene preparata a partire dalle sei e mezza; per questo motivo oggi partiamo alle 7:00, una mezz’ora più tardi rispetto al solito orario.

Mentre c’incamminiamo (siamo io, Rocco, Giulia e Giovanna) sta sorgendo il sole; il cielo è sereno e si prospetta una bella giornata.

La temperatura è un tantino fredda ma, d’altra parte, bisogna considerare che siamo in montagna.

 

Man mano che avanziamo e saliamo di quota ci ritroviamo in un banco di nebbia sempre più fitto.

 

Eccomi alla Cruz de Hierro
Eccomi alla Cruz de Hierro

Dopo un paio di chilometri, siamo alla Cruz de Hierro dove per fortuna la foschia non è così tanta da celare quello che è uno dei simboli, più attesi e importanti, del Cammino di Santiago.

 

Situata a un’altitudine di 1.504 metri, la Cruz de Hierro altro non è che un lungo palo di legno, di circa cinque metri di altezza, sormontato da una semplice croce di ferro, replica dell’originale conservato nel museo del Cammino di Santiago di Astorga.

Non si sa bene chi abbia eretto il monumento; probabilmente nel XII secolo fu per opera di un eremita di origine francese, di nome Gaucelmo.

Forse, lo scopo di mettere la croce così in alto è stato quello di indicare la strada ai pellegrini. In questo difficile tratto del Cammino, senza precise e continue indicazioni, nel passato non doveva essere semplice orientarsi come ai giorni nostri, soprattutto nei mesi invernali quando la neve copre ogni traccia.

 

Alla base del palo c’è una montagnola di pietre e ognuna di queste è stata lasciata dai pellegrini che nel corso dei secoli sono passati da qui.

La tradizione vuole che la pietra provenga dal proprio luogo di origine e l’intento del gesto è racchiuso in una breve preghiera:

Signore, possa questa pietra, simbolo dei miei sforzi lungo il pellegrinaggio, che lascio ai piedi della croce del Salvatore, pesare a favore dei miei buoni propositi, il giorno in cui gli intenti di tutta la mia vita saranno giudicati.”

 

Anch’io, a conoscenza di questa tradizione, sono partito da casa non con una pietra ma bensì con due.

In realtà, sono dei sassolini: uno di un azzurro molto brillante e l’altro di un marrone chiaro con delle striature scure.

Sono provenienti dalla costiera amalfitana e sono stati scelti dalla mia compagna; anzi, sono stati i due minuscoli sassi a scegliere lei. Dopo essere tornata a casa dalla spiaggia e fatta la doccia, se li è trovati ancora attaccati su una spalla.

La tenacia dimostrata dai due sassolini, rimasti ben saldi contro ogni legge della fisica, lei l’ha intesa come un segno inequivocabile: dovevano essere proprio queste le pietre che avrei dovuto portare fin qui.

 

Con un po’ di commozione, lascio cadere i sassolini ai piedi della croce, facendo in modo che precipitino il più possibile in fondo tra le grosse pietre che stanno in superficie. La mia speranza è che possano essere protette per un tempo infinito, magari fino a quando esisterà il mondo. Allo stesso tempo, mi piace pensare che il cumulo pietroso alla base della Cruz de Hierro sia il prezioso scrigno che custodisce l’amore puro e incondizionato.

 

Conclusa la parte mistica, c’è da compiere un altro rito: è quello delle foto ricordo, per immortalare l’arrivo alla Cruz de Hierro.

Nonostante la nebbia, che comunque ci lascia la possibilità di avere delle immagini decenti, ognuno di noi scatta mille foto: da soli, in gruppo, in gruppo allargato anche con sconosciuti, in gruppo ristretto con i soli amici più intimi, e così via dicendo.

È un continuo scambiarsi di macchine fotografiche, per ottenere un po’ tutte le combinazioni possibili.

 

***

In realtà il punto più alto di tutto il Cammino francese, che tocca la quota di 1.531 metri, si trova poco più avanti della Cruz de Hierro ed è in corrispondenza di un impianto d’antenne: in un certo senso, anche questo è un simbolo moderno di “vie” di comunicazione.

 

Lo spartano albergue di Manjarín
Lo spartano albergue di Manjarín

Proseguendo, il percorso continua mediamente in quota.

Dopo aver camminato per una quarantina di minuti giungiamo a Manjarín, un villaggio completamente diroccato e di conseguenza disabitato, dove si trova la più spartana struttura d’accoglienza di tutto il Cammino.

Tomás Martínez de Paz è il pellegrino che, a partire dal 1993, ha creato questo piccolo rifugio con circa trentacinque posti letto.

Il personaggio in questione si definisce “l’ultimo dei Templari” e la sua missione è di servire i pellegrini.

Qui, l’accoglienza è indubbiamente calorosa ma bisogna mettere in conto che oltre questa di “caldo” non c’è altro: mancano le principali comodità dei nostri tempi come l’energia elettrica e l’acqua corrente.

Come chiunque altro passi da qui, anche noi non perdiamo l’occasione per scattare qualche foto del variopinto esterno della struttura.

La ricchezza cromatica del luogo è data da bandiere di varie nazioni, da simboli e cartelli di diverso genere e, soprattutto, da una serie di frecce indicatorie che segnano la distanza in chilometri tra Manjarín e varie località nel mondo: Roma, 2.475; Gerusalemme, 5.000; Machu Picchu, 9.453 e altre ancora.

Ma quella che in questo momento ci interessa di più è certamente l’insegna che indica Santiago de Compostela, sulla quale è riportata la cifra 222.

Come sempre, m’inorgoglisce e mi dà la forza per continuare, vedere assottigliarsi il numero dei chilometri mancanti alla meta.

 

El Acebo. Musici per il “Corpus Christi”
El Acebo. Musici per il “Corpus Christi”

Dopo un’ora di cammino da Manjarín, inizia il percorso in discesa.

Proseguendo poi per un’altra ora arriviamo a El Acebo.

La località segna l’inizio del Bierzo, una regione naturale che ricade nella provincia di León.

El Acebo è caratterizzato da graziose case costruite in ardesia, con balconi in legno adornati con gerani di vari colori.

La chiesa principale del paese, del XII secolo in stile romanico, è intitolata al santo patrono Miguel Arcángel; al suo interno c’è una statua policroma di Santiago.

Durante il nostro passaggio lungo la via principale, una piccola banda di musici, vestiti con abiti tradizionali, celebra il “Corpus Christi”. Il suono di cornamuse e tamburi riempiono l’aria di allegria, invogliando i presenti a danzare liberamente.

Sono circa le undici mentre lasciamo El Acebo.

L’uscita dal paese è tristemente segnata da un monumento in ferro battuto, dedicato a un pellegrino tedesco, Heinrich Krause, che morì qui nel 1987 in seguito a una caduta dalla bicicletta.

L’opera, oltre a essere commemorativa, vuole anche raccomandare ai ciclisti la massima prudenza nell’affrontare la ripida e accidentata discesa.

 

La tratta che segue, e che porta a destinazione, è mista ed è caratterizzata da varie tipologie di fondo: asfalto; sterrato; pietroso. In qualche pezzo il terreno è anche piuttosto sconnesso e scivoloso.

In questa parte del Cammino, il paesaggio è più brullo e l’assenza di vegetazione ad alto fusto lascia spesso libera la vista sulla valle sottostante.

 

Lungo il percorso incontriamo Riego de Ambros, altro grazioso paesino caratteristico con case in pietra simili a quelle già viste precedentemente.

 

Più avanti, camminiamo per un po’ in compagnia di un giovane pellegrino che ci allieta suonando una piccola chitarra.

 

Molinaseca. Il puente de los Peregrinos
Molinaseca. Il puente de los Peregrinos

Alle tredici giungiamo a Molinaseca.

All’ingresso del paese ci sono il santuario de Nuestra Señora de las Angustias, del XII secolo in stile barocco, e il puente de los Peregrinos, un monumentale ponte romanico che passa sopra il río Meruelo.

Il paese è abbastanza grande e conta circa ottocento residenti.

L’architettura delle costruzioni è ancora quella caratteristica del Bierzo.

Oggi è domenica e il centro cittadino è abbastanza affollato, oltre che di pellegrini anche di turisti e di tante altre persone del luogo.

La tranquillità e l’aria familiare che si respira qui a Molinaseca ci spinge a concederci una breve sosta.

 

Alle tredici e tre quarti riprendiamo a camminare.

Per arrivare a destinazione ci restano da compiere gli ultimi sei chilometri.

Durante la discesa, abbiamo impiegato molto più tempo del normale per via del suolo piuttosto accidentato; da qui in poi, invece, procediamo più speditamente grazie al percorso pianeggiante e su strada.

 

Alle 15:00 concludiamo la tappa odierna a Ponferrada, fermandoci nell’Albergue de peregrinos San Nicolás de Flue.

La posizione dell’ostello è un po’ periferica, però la distanza dal centro della città è compensata dall’eccellente struttura e anche dalla gratuità dell’alloggio.

Ovviamente, quando lungo il Cammino si riceve qualcosa senza pagare s’intende che è gradito un “donativo”. Pertanto, con quel che elargiamo, alla fin fine alloggiare qui costa come negli ostelli con un prezzo già fissato.

La sistemazione è molto comoda, tanto che a me, Rocco, Giulia e Giovanna, viene assegnata una camera con quattro posti letto, tutta per noi.

Sono molto accoglienti anche l’ampia sala da pranzo con cucina e la terrazza/giardino, dove molti ne approfittano per godere del bel sole di quest’oggi.

Su indicazione degli “hospitaleros”, gli zaini che abbiamo spedito stamattina con il corriere, li ritiriamo in un bar situato oltre l’enorme parcheggio antistante l’ostello.

 

Intorno alle cinque del pomeriggio, io e Rocco, ci avviamo per andare a scoprire i punti di maggiore interesse del centro storico cittadino.

 

Ponferrada. Il castello medievale dei Templari
Ponferrada. Il castello medievale dei Templari

Ponferrada è l’ultima grande città che s’incontra prima di giungere a Santiago de Compostela.

È famosa per essere stata nel XII secolo il più importante presidio in Spagna dei cavalieri Templari ed è caratterizzata da uno splendido centro medievale ben conservato.

Un antico ponte in ferro, costruito sul río Sil per agevolare il passaggio dei pellegrini, ha ispirato il nome della città che deriva appunto da “Pons Ferrata”.

Dalla plaza dell’Ayuntamiento, dove sorge il palazzo barocco del municipio, si accede al centro storico cittadino passando sotto l’Arco della torre del Reloj.

Poco più avanti si apre la plaza de la Virgen de la Encina sulla quale si affaccia l’omonima basilica. All’interno della chiesa è custodita una statua della Madonna che, secondo una leggenda, è stata trovata dai Templari all’interno di una quercia (encina, in spagnolo).

Ma ciò che risalta maggiormente a Ponferrada, è l’imponente castello medievale dei Templari che domina da una collinetta la parte storica della città.

I massicci muri merlati, l’ingresso attraverso il ponte levatoio, i due torrioni che dominano la facciata principale, il Maschio e le altre torri, sono gli elementi che caratterizzano l’architettura medievale della fortezza, giunta ai giorni nostri in ottimo stato.

A vederlo dall’esterno, sembra il castello delle favole, dove una principessa triste è tenuta reclusa da un orco nella segreta della torre più alta.

 

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Durante la passeggiata, cerchiamo anche un supermercato dove comprare qualcosa da cucinare questa sera. Purtroppo, essendo oggi domenica, è tutto chiuso e così alla fine desistiamo dall’idea di mangiare in ostello.

Ceniamo quindi al 4 Bocas, un bar-taperia situato nella grande e affollata plaza de la Virgen de la Encina, proprio accanto alla basilica.

Ci accomodiamo nei tavolini all’esterno del locale ma dopo poco tempo, quando dei nuvoloni neri coprono repentinamente il cielo facendo cadere sulle nostre teste dei goccioloni di pioggia, ripieghiamo all’interno del locale.

© Aldo Lardizzone 2020 Licenza Creative Commons CREATIVE COMMONS

 

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