Passo dopo passo sul Cammino di Santiago 

Da San Juan de Ortega a Burgos

22 maggio 2018
Tappa 12 – Km. 26

Cerchi concentrici appena dopo San Juan de Ortega
Cerchi concentrici appena dopo San Juan de Ortega

 

 

 

Il meteo di quest’oggi annuncia pioggia mentre, guardando fuori, vedo che il cielo è sereno.

– Meglio così! Spero proprio che questa volta le previsioni si sbaglino. –

Come sempre, invece, la temperatura del primo mattino, pur accettabile, è abbastanza fresca.

 

Prima di lasciare l’ostello, faccio una frugale colazione mangiando dei biscotti che ho con me e prendo un cappuccino dal distributore automatico.

 

Negli ostelli, a parte qualche rara eccezione, non c’è mai la possibilità di fare colazione; in quasi tutti, però, ci sono delle macchinette distributrici di bevande, caffè e anche snack.

 

Alle 6:25 lascio l’ostello e dopo pochi minuti sono già fuori dal paesino di San Juan de Ortega.

 

La meta che raggiungeremo quest’oggi è Burgos, importante città della Castilla y León.

Trattandosi di un grande centro, propongo a Rocco e Dante di rimanervi due notti, in modo da poter visitare quanto d’interessante offre la città.

Allo stesso tempo, ne approfitteremo per prenderci anche una giornata di riposo, visto che abbiamo già camminato per dodici giorni consecutivi e abbiamo percorso oltre 280 chilometri, ovvero circa un terzo dell’intero Cammino di Santiago.

In linea di massima sono questi i propositi che abbiamo per Burgos; per intanto, però, dobbiamo pensare a compiere la tappa odierna.

 

***

Appena usciti da San Juan de Ortega attraversiamo dapprima un piccolo bosco di querce e dopo, il sentiero sterrato che percorriamo mentre sorge il sole, ci porta ancora in mezzo a vasti campi aperti.

 

Lungo il percorso vediamo sul terreno delle pietre disposte a formare dei cerchi concentrici mentre un piccolo cumulo si trova al centro delle stesse circonferenze.

Sono esattamente come quelli che caratterizzano i giardini zen giapponesi.

Molto belli da vedere ma non so chi li abbia fatti e qual è il loro significato.

 

Il sentiero che porta ad Ages
Il sentiero che porta ad Ages

Il primo paesino che incontro è Agés dove, approfittando di un invitante bar aperto, con tante buone cose da mangiare, faccio una vera colazione con torta di mele e succo d’arancia.

Prendo anche una buona “empanada” che conservo per dopo, caso mai non dovessi trovare altro lungo la tratta.

Incontro qui tanti amici pellegrini: tra questi ci sono gli spagnoli Juanì e Salvador, e anche Giovanna di Sassari che procede di pari passo con Silvia.

 

Il Cammino crea gruppi “liquidi”, ovvero insiemi di pellegrini il cui numero dei componenti varia frequentemente, con molta naturalezza e senza un preciso schema.

– La bellezza del condividere l’esperienza con tante altre persone è pari a quella del camminare da soli per molti chilometri. –

Il lettore di questo mio racconto avrà notato, e noterà ancora, una frequente alternanza nell’utilizzo del singolare e del plurale; questo è dovuto al fatto che vivo le mie esperienze a volte in solitaria e a volte in compagnia di altri pellegrini, anche a distanza di breve tempo tra un accadimento e un altro.

 

Ages. Il campanario della iglesia de Santa Eulalia de Mérida
Ages. Il campanario della iglesia de Santa Eulalia de Mérida

Ages. Nido di cicogne in cima al campanario
Ages. Nido di cicogne in cima al campanario

***

Prima di lasciare Agés, per la mia collezione di chiese, non posso non fotografare la iglesia de Santa Eulalia de Mérida, costruita nel XVI secolo in stile gotico sopra un tempio romanico.

Sul punto più alto del campanario, hanno preso dimora le cicogne, costruendo un imponente nido.

 

A dispetto delle cattive previsioni meteo, il tempo continua a mantenersi bello: splende il sole e la temperatura è ideale; inoltre, ho fatto una buona colazione; mi sono relazionato con delle simpatiche persone e le mie condizioni fisiche continuano a essere soddisfacenti.

– Cosa voglio di più? –

Per tutti questi motivi, l’umore è alto e procedo con grande soddisfazione.

 

Dopo Agés il successivo paesino che attraverso è Atapuerca.

La piccola località è molto importante, perché in essa si trova un sito preistorico tra i più rilevanti al mondo, inserito dall’UNESCO tra i patrimoni dell’umanità.

Qui gli archeologi hanno scoperto delle ossa di ominidi, completi di DNA umano, la cui eccezionalità sta nel fatto che sono i più antichi mai trovati in tutto il mondo.

Questa scoperta ha portato gli scienziati a rivedere la teoria sull’evoluzione della nostra specie.

Per quanto interessante sia la località non mi soffermo per vedere il sito, anche perché per arrivarci bisogna fare una deviazione del percorso di circa tre chilometri; inoltre, la visita è guidata e si svolge solo in determinati orari.

 

Fuori dal paese riprendo a camminare su sentiero sterrato. Da qui il percorso va in salita fino a raggiungere l’alto della Sierra de Atapuerca.

Dopo quasi tre chilometri, quando mancano pochi minuti alle nove del mattino, giungo alla quota di 1.060 metri dove si trova un’ampia spianata pietrosa.

Il luogo è caratterizzato, oltre che da una semplice croce di legno, alla cui base c’è un cumulo di pietre lasciate dai viandanti, anche da un grande cartello in ferro. Questo riporta una frase tratta da un libro di Luciano Huidobro Serna, un sacerdote vissuto nell’Ottocento che ha avuto i natali poco distante da questo luogo.

La scritta elogia la bellezza della vista panoramica che da quassù si gode a perdita d’occhio.

Secondo quanto scrive il sacerdote, il panorama sulla sottostante pianura di Burgos è il più bello che s’incontra lungo il Cammino di Santiago dopo quello sui Pirenei, in Navarra, visto da Burguete.

 

In lontananza posso già scorgere Burgos e distinguo chiaramente le torri della cattedrale.

Nell’intravedere la città ho l’impressione che tra non molto sarò arrivato a destinazione. Invece il cammino è ancora lungo e, prima di giungere alla meta, mancano ancora parecchi chilometri.

 

La pianura di Burgos la si può considerare come l’inizio delle cosiddette “mesetas”, termine che in spagnolo significa “altopiani”.

La steppa della penisola iberica è un interminabile tavolato leggermente ondulato; situato mediamente tra gli 800 e i 900 metri d’altitudine, inizia a Burgos e si estende fino a León.

È un deserto infido perché, con i suoi campi coltivati a cereali, girasoli e viti, si mostra come un luogo gradevole; invece, per via del suo clima, è pronto a colpire senza pietà quanti lo attraversano.

Questa parte del Cammino mette a dura prova i pellegrini, sia d’estate col sole a picco e le temperature torride sia d’inverno con ghiaccio, vento e freddo, che la fanno da padroni.

Non ci sono alberi per riparare dal caldo durante i mesi estivi e sono piuttosto rare anche le fonti d’acqua per riempire le borracce.

Anche i centri abitati dove fare una pausa, riprendere le forze e rifocillarsi, sono piuttosto distanti tra loro.

Per il pellegrino che percorre queste terre, spesso la solitudine è l’unica compagna che ha.

 

***

Superato l’Alto de la Sierra de Atapuerca il percorso continua in discesa.

In questa tratta, la vista del bel paesaggio sulla pianura di Burgos è un po’ disturbato sia da un’installazione di antenne per le telecomunicazioni sia dalla presenza di una cava industriale da cui si estrae una pietra calcarea.

A parte questo particolare, il resto del percorso è piacevole.

 

Poco prima di Cardeñuela Riopico, un bus a due piani in disuso, tipo quelli londinesi, è posizionato su un lato della strada per pubblicizzare l’Albergue Via Mina, situato poco più avanti.

Chi passa dalla strada non può non notarlo dato che la sua carrozzeria è completamente ricoperta da simpatici e colorati disegni con soggetti sul Cammino di Santiago.

 

All’ingresso del piccolo centro abitato, mi fermo alla Bocateria San Miguel dove trovo, seduti a un tavolo, Rocco e Dante che fanno uno spuntino; ne approfitto per una pausa e mangio la “empanada” che ho comprato stamattina.

Oltre loro due, ci sono altri pellegrini che si rifocillano mentre godono del bel sole primaverile.

Tra questi c’è anche un simpatico ottantenne giapponese che, da Roncisvalle in poi, ho già incontrato svariate volte.

Purtroppo non riesco a memorizzare nessun nome degli orientali; invece, mi è più facile tenere a mente la loro città di provenienza.

Così, anche dell’arzillo ottuagenario con gli occhi a mandorla, ricordo solo che vive a Kobe, città del Giappone centrale che si affaccia nella Baia di Osaka.

Per avere un suo ricordo, prima di ripartire colgo l’occasione per scattare una foto insieme.

La mia pausa a Cardeñuela Riopico è abbastanza breve e dura solo una decina di minuti.

Attraversando il piccolo paese non manco di fotografare la iglesia de Santa Eulalia de Mérida, chiesa rinascimentale del XVI secolo sulla cui facciata è scolpita una magnifica Pietà.

 

Un grande murale di recente fattura, dipinto sulla bianca facciata di una casa, è certamente di minore valore artistico rispetto alla chiesa ma sicuramente è molto d’impatto e anche divertente da vedere. Il disegno ironico ritrae un pellegrino che, provato dal peso del suo enorme zaino e dal tanto camminare, immagina con un fumetto di stare seduto su una confortevole poltrona di casa.

 

Il pellegrino dei nostri giorni, contrariamente a quello del passato, ha sicuramente molte agevolazioni e molti comfort che lo aiutano nell’affrontare il lungo itinerario; nonostante questo, però, raggiungere Santiago de Compostela e a seguire Finisterre, camminando per più di un mese e percorrendo un totale di quasi novecento chilometri, facendo conto solo delle proprie forze, rimane comunque un’impresa non da poco.

Fatica, stanchezza, dolori, caldo, freddo, pioggia e altro ancora sono difficoltà con cui, prima o poi, bisogna fare i conti.

Non c’è nulla di organizzato e tutto è improvvisato. Anche le mete dove ci si ferma non è detto che corrispondano sempre con quelle prefissate.

Si avanza passo dopo passo e i problemi si affrontano uno alla volta: mangiare, bere, lavarsi e dormire non sono sempre azioni scontate e ogni necessità sarà soddisfatta solo quando ce ne sarà la possibilità.

Possono essere tante le motivazioni per cui si percorre la strada che porta alla tomba di San Giacomo: la religiosità, la spiritualità e la ricerca di se stessi o solamente una scelta personale.

Qualunque sia il motivo, si tratta di un viaggio unico che cambia per sempre la vita di chi percorre il Cammino, lasciando un segno indelebile nel profondo dell’anima.

 

***

Prima di arrivare a Burgos attraverso un ultimo paese: Orbaneja Ríopico.

Qui, pur passando senza fermarmi, non manco di fare una piccolissima deviazione per dare uno sguardo alla semplice iglesia de San Millán Abad, arroccata su un’altura.

 

Sono passate da poco le undici quando posso cominciare a dire di essere giunto a Burgos.

In realtà, anche questa volta si tratta di un’illusione perché, dalla periferia fino al centro della città, devo ancora percorrere ben dieci chilometri che si tradurranno in più di due ore di cammino.

 

Dopo aver passato il ponte che supera la autovía del Norte, mi trovo davanti a un bivio con due possibili percorsi che portano entrambi in città.

Prendo a sinistra. Da qui per tre lunghi, interminabili e noiosi chilometri costeggio la recinzione dell’aeroporto fino ad arrivare a Castañares, frazione facente parte del municipio di Burgos.

 

Gli ultimi tre chilometri della tappa odierna si svolgono all’interno di un parco cittadino; con me ci sono anche Rocco e Dante, insieme ai quali percorro il lungo e dritto viale che costeggia il río Arlanzón.

Il parco è molto verde e rilassante; in cielo splende il sole e la temperatura è quella ideale.

Approfittando della bella giornata primaverile, molta gente fa jogging mentre tanti altri camminano semplicemente.

Tra quelli a passeggio c’è anche un signore, avanti negli anni, che ci ferma chiedendoci se stiamo andando in ostello.

– Domanda retorica, ovviamente! –

Per i vestiti che indossiamo, per gli zaini sulle spalle, per le facce sfatte dopo i chilometri percorsi e per essere sulla via che porta a Santiago de Compostela, non possiamo non essere che dei pellegrini in cerca dell’ostello.

Rispondo affermativamente e da questo momento il gentile signore non ci molla più e fa strada insieme a noi.

Iniziamo così un lungo dialogo che ci porta a parlare del più e del meno.

Il suo nome è José, è di Burgos, è pensionato, è vedovo e sta facendo la sua passeggiata quotidiana prima di pranzo. L’informazione che però ci stupisce di più è quella sulla sua età: ha ottantaquattro anni ma a vederlo gliene diamo tranquillamente una quindicina in meno. Ci tiene testa col suo passo spedito, accompagnandoci per quasi tre chilometri senza rallentare.

 

Il tragitto all’interno del parco cittadino, pur essendo molto piacevole, mi sembra interminabile.

È sempre così quando compio gli ultimi chilometri prima di giungere alla meta; li percepisco più pesanti e più lunghi rispetto alle decine che ho già percorso.

Su questa impressione influisce sicuramente la stanchezza e soprattutto l’idea di essere già arrivato, vedendo ormai prossima la meta.

Oggi però, non so bene per quale motivo, questa percezione è più accentuata. Sicuramente influisce questo viale dritto che sembra non finire mai e inoltre avverto un piccolo malessere fisico che non è la solita stanchezza: sento pizzicare sotto la pianta del piede destro.

 

José ci accompagna fin davanti al Museo de la evolución humana, punto del centro cittadino in cui le nostre strade si dividono: mentre lui va a destra e torna a casa, a noi indica di proseguire verso sinistra, per raggiungere la nostra destinazione.

Stanchi e provati, alle 13:30 giungiamo all’Alberge municipal de peregrinos de Burgos.

 

L’ostello, situato a pochissima distanza dalla cattedrale e gestito dall’Asociación de Amigos del Camino de Santiago, pur trovandosi in una antica struttura, la cosiddetta Casa del Cubo, all’interno è moderno e confortevole.

Ci sono in totale 150 posti letto, suddivisi in diversi piani, e il prezzo dell’alloggio è di appena 5 Euro.

Mentre mi spoglio per andare a far la doccia, controllo il piede destro per capire cos’è quel piccolo fastidio che da qualche ora avverto sotto la pianta.

– Eccola qui, la mia prima vescica! –

Immaginavo che prima poi si sarebbe presentata ma dopo undici giorni di cammino cominciavo a pensare che non ne avrei sofferto. Ed invece, anche se con un certo ritardo, la vescica è arrivata e certamente non posso proprio dirle che sia la benvenuta. Fortunatamente è piuttosto piccola.

 

A questo punto mi vien da pensare che il consiglio di cospargere i piedi con abbondante vaselina, prima di cominciare a camminare, sia veramente efficace. Infatti, stamattina, il mio tubetto era quasi terminato e ne ho potuto cospargere sui piedi, solo una piccola quantità: appena un velo.

 

Dopo la doccia, buco la vescica con un ago da cucire, sterilizzato prima col fuoco di un accendino; quindi metto della pomata antibiotica e, visto che decido di rilassarmi sdraiandomi sulla branda, lascio i piedi nudi per farli respirare.

Contrariamente alla procedura consigliata, non ho fatto passare un filo di cotone all’interno della vescica; lasciandolo dentro, questo favorisce il drenaggio del liquido che forma il doloroso rigonfiamento. Dato che la bolla è piccola e non molto significativa, penso che quanto fatto sia più che sufficiente.

 

Rimango a riposare fino alle quattro del pomeriggio e dopo esco per andare in giro per la città.

– Stanchezza e malesseri non possono certo fermarmi, impedendomi di visitare l’intrigante Burgos! –

 

In ostello ci sono un po’ tutti gli amici che ho conosciuto in questa prima parte del mio Cammino ed è un continuo salutare, chiacchierare, sorridere, scherzare e darsi appuntamenti.

Sono la mia famiglia del Cammino e ognuno di loro contribuisce a rendere speciale questa mia esperienza.

 

***

Prima di cominciare la visita della città, faccio un veloce spuntino in un bar proprio di fronte all’entrata dell’ostello.

Anche qui, ovviamente, trovo degli amici e mi fermo un po’ con loro per fare due chiacchiere.

Tra questi ci sono anche Giovanna e Silvia. Quest’ultima, come da lei pianificato, termina qui a Burgos la sua esperienza lungo la via che porta a Santiago de Compostela.

Per Giovanna, invece, questo momento è particolarmente significativo perché, ereditando da Silvia i bastoncini tecnici, adesso le tocca abbandonare i due pezzi di rami che ha raccolto sui Pirenei. Ormai è molto affezionata a questi, dopo tutto il “sostegno” che le hanno dato fin qui.

 

Dopo la socializzazione è arrivato il momento della cultura.

Visto che siamo a pochi passi dalla cattedrale cominciamo proprio da questa il giro turistico di Burgos.

 

Quest’oggi, non so bene per quale motivo, l’ingresso è gratuito e non si pagano nemmeno i 4,50 Euro del biglietto ridotto riservato ai pellegrini.

 

La cattedrale di Burgos vista dalla plaza del rey San Fernando
La cattedrale di Burgos vista dalla plaza del rey San Fernando

– La cattedrale, dedicata alla Vergine Maria, è davvero splendida! –

È annoverata tra le più belle d’Europa e, senza dubbio, la sua visita vale da sola un viaggio nel capoluogo della Castilla y León.

Costruita a partire dal 1221, su ispirazione delle grandi cattedrali francesi di quell’epoca, e completata più di cinque secoli dopo, rappresenta la prima cattedrale gotica della penisola iberica.

Grazie a tutte le opere d’arte custodite al suo interno, è anche l’unica della Spagna a essere stata dichiarata dall’UNESCO patrimonio dell’umanità.

Già ammirando gli esterni ci si può rendere conto della bellezza e dell’imponenza dell’edificio, caratterizzato dalla struttura alta e slanciata: due torri quadrate e sormontate da guglie, arricchite con opere in pietra, sovrastano l’entrata principale che si affaccia sulla plaza de Santa María.

La porta del Sarmental, un altro ingresso che si apre dal lato della plaza del rey San Fernando, presenta un complesso scultoreo di particolare pregio con l’immagine di un Cristo pantocratore, circondato dagli apostoli e dagli evangelisti.

 

Cattedrale di Burgos. Il Santissimo Cristo
Cattedrale di Burgos. Il Santissimo Cristo

Cattedrale di Burgos. Santiago matamoros
Cattedrale di Burgos. Santiago matamoros

All’interno, la navata centrale e le due laterali sono totalmente attorniate da ben diciannove cappelle. Impossibile descriverle tutte in poche righe date le innumerevoli opere d’arte di grande pregio: pale d’altare, dipinti, stalli del coro, tombe e sculture.

In una delle cappelle si trova il Santissimo Cristo di Burgos, molto venerato fin dai tempi antichi. È un miracoloso crocifisso ligneo di grande realismo, realizzato con lunghi capelli naturali e pelle di vacca, che vuol simulare quella umana. Altra particolarità della statua è una lunga gonna a campana che ne copre quasi per intero le gambe.

Infine, per restare in tema col pellegrinaggio jacobeo, non posso non citare la cappella dedicata a Santiago, con un imponente retablo dorato e policromo presieduto dal Santo in versione “matamoros”, ovvero in veste di guerriero a cavallo che combatte e uccide i mori.

 

Conclusa la visita della cattedrale andiamo in giro per la città percorrendo la calle Paloma: centralissima via pedonale con un’ampia offerta gastronomica, commerciale e culturale.

Trovata una farmacia mi fiondo dentro e compro ben due tubetti di vaselina.

– Dopo aver constatato che è fondamentale per prevenire le vesciche, non voglio più rimanere senza il “prezioso” gel! –

 

L’idea di fermarci a Burgos due notti, fa ancora parte dei progetti miei, di Rocco e anche di Dante. Abbiamo però appurato che nell’ostello non ci lasceranno rimanere per più di una notte e domani dobbiamo liberare i posti.

Comunque sia, la soluzione ci sembra facile: domattina troveremo un altro ostello dove trasferirci per trascorrere la seconda notte.

 

Presa la decisione di restare a Burgos un giorno in più, rimandiamo a domani la visita della città e adesso torniamo in ostello per fare un “bucato collettivo”.

Con questa espressione, intendo l’uso di una sola lavatrice e di una sola essiccatrice per lavare la roba di più persone.

Vista la confidenza che ormai si è instaurata con alcuni compagni di viaggio, è divenuto naturale lavare mutande, calzini, magliette e anche altro, mettendo tutto assieme. In questo modo si risparmia denaro e soprattutto tempo, anche in considerazione del fatto che negli ostelli il numero delle macchine è sempre piuttosto limitato e per utilizzarle bisogna attendere il proprio turno.

 

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Concludiamo la giornata andando a cena in un locale vicino all’ostello.

Trovandoci in una grande città, anche molto turistica, troviamo il costo del “menù del pellegrino” leggermente lievitato: 14 Euro, oppure 12 euro se scegliamo le pietanze da una lista con un numero di piatti più limitato.

Ci accontentiamo di questa seconda opzione. Prendo la paella, la lubina (branzino) alla brace e per concludere un gelato alla vaniglia.

La cena è stata abbastanza soddisfacente, fatta eccezione per la paella che, ancora una volta, somigliava più a un risotto, anziché alla specialità valenciana tipica della cucina popolare e delle cambuse dei pescherecci.

– Forse, sarà meglio che d’ora in poi non la scelga più! –

© Aldo Lardizzone 2020 Licenza Creative Commons CREATIVE COMMONS

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