Passo dopo passo sul Cammino di Santiago 

Da Pedrouzo (O Pino) a Santiago de Compostela

11 giugno 2018
Tappa 32 – Km. 19

Cruciero lungo la Via verso Santiago de Compostela
Cruciero lungo la Via verso Santiago de Compostela

 

 

Eccomi all’ultima tappa.

– Oggi, finalmente, arriverò a Santiago de Compostela. –

Non sarà questa, però, la giornata che segnerà la fine del mio Cammino perché, una volta giunto alla tomba dell’Apostolo Giacomo, continuerò a camminare altri tre giorni per raggiungere Finisterre, dove bagnerò i piedi nelle acque oceaniche dell’Atlantico.

 

L’itinerario di oggi non richiede particolare impegno: non ci sono pendenze rilevanti e i chilometri totali da percorrere sono poco meno di venti.

Nonostante la brevità della tappa, partiamo dall’ostello alle 5:00, anticipandoci così di un’ora e mezza rispetto al consueto orario.

Lo scopo della levataccia è di giungere a destinazione al massimo per le dieci, in modo tale da avere tempo per goderci l’arrivo davanti alla cattedrale, ritirare la Compostela e prendere posto anzitempo per assistere alla “messa del pellegrino” di mezzogiorno.

È consigliato entrare in cattedrale almeno una mezz’ora prima che cominci la funzione, se si vuole trovare da sedere in una buona posizione; ovviamente, più si anticipa e meglio è.

 

Mentre ci mettiamo in cammino è ancora notte. Appena fuori da O Pedrouzo, senza più l’illuminazione stradale, l’ambiente è completamente buio. Per vedere dove mettiamo i piedi, dobbiamo ricorrere alla luce delle lampade tascabili.

Tra l’altro, subito dopo il centro abitato, il Cammino s’inoltra all’interno di un bosco.

 

In questa prima parte del percorso l’atmosfera è onirica.

Assente la luna, le tenebre avvolgono ogni cosa e si vedono solo i fluttuanti fasci di luce delle torce. Svariate sagome nere avanzano tutte nella stessa direzione, senza però alcun sincronismo, e le loro silhouette, snaturate dalla curvatura degli zaini sulle spalle, più che sembrare quelle di esseri umani, fanno pensare alla presenza di tanti esseri fantastici che popolano il bosco.

Gli unici suoni che si odono sono quelli prodotti dagli scarponi che colpiscono il terreno sterrato.

 

Solo intorno alle sei e mezza, i primi bagliori del giorno cominciano a dare forme e colori a persone, cose e all’ambiente tutto.

 

L’unico a non materializzarsi è un bar.

Dato che siamo partiti molto presto e non abbiamo mangiato nulla, la fame si fa sentire e a questo punto ci starebbe bene un posto dove fare colazione.

 

Tra i tanti pellegrini in cammino, ne vediamo “sfrecciare” una di nostra conoscenza: è Giulia.

Cammina con passo svelto e, senza nemmeno rallentare, ci dice al volo che vuol arrivare presto in città, in tempo per assistere alla “messa del pellegrino” in italiano che si celebrerà alle dieci. Così ci supera e la perdiamo presto di vista.

 

Sono le sette e ormai c’è piena luce mentre giungiamo a Lavacolla, località a una decina di chilometri da Santiago de Compostela, dove si trova anche l’aeroporto della città.

Passiamo proprio ai bordi della pista, che però non vediamo perché si trova a un livello più alto rispetto alla strada. Invece, sentiamo il forte rombo degli aerei che rullano prima di prendere il volo.

Il rumore dei motori ci sveglia definitivamente e ci riporta alla realtà dei tempi moderni.

L’agglomerato urbano è ormai prossimo e più andiamo avanti e più ci ritroviamo in un ambiente fatto di cemento, asfalto, traffico e tutto ciò che caratterizza i grandi centri abitati della nostra epoca.

Gli antichi pellegrini, con cui molte volte abbiamo avuto l’impressione di condividere il Cammino quando attraversavamo borghi antichi, ponti medievali e boschi centenari, ritornano a vivere solo nei libri di storia e nelle leggende, mentre noi facciamo un “ritorno al futuro” con i suoi pro e contro.

 

Qui a Lavacolla, poco dopo l’aeroporto, c’è ancora una chiesetta medievale a cui dedicare uno sguardo.

Il piccolo edificio religioso è intitolato a san Paio; sembra posto qui per dare al pellegrino la possibilità di raccogliersi in preghiera o in meditazione, in modo intimo e del tutto personale, prima di concludere il proprio Cammino e d’immergersi nell’animata Santiago de Compostela.

 

Dopo parecchie tappe sotto la pioggia, oggi possiamo ritenerci fortunati a camminare con il sole; la temperatura è mite però non è abbastanza calda da permetterci di non indossare la felpa.

Sembra comunque un premio poter giungere a Santiago de Compostela con un tempo più che discreto, dopo aver patito tanto a causa delle cattive condizioni metereologiche.

 

Sono le nove mentre passiamo da Monte de Gozo, la collina da cui nel passato i pellegrini avvistavano le guglie della cattedrale di Santiago e già da qui esultavano per essere a un passo dalla meta.

La traduzione di “gozo” è proprio “gioia”.

Oggi, però, non è più cosi perché le moderne costruzioni hanno deturpato il luogo togliendogli ogni senso di spiritualità, com’era invece nei tempi antichi.

Qui i pellegrini trascorrevano l’ultima notte.

Prima di presentarsi al cospetto del Santo si preparavano cantando delle litanie e ringraziavano Dio che aveva dato loro la forza di compiere il Cammino.

 

Cartelli d'ingresso a Santiago de Compostela
Cartelli d'ingresso a Santiago de Compostela

Da Monte de Gozo, un segnale stradale indica che mancano 4,7 chilometri al capoluogo gallego.

Per l’esattezza, l’informazione si riferisce alla distanza che c’è da qui fino alla cattedrale, mentre in città ci siamo quasi.

Infatti, poco più avanti, eccoci d’innanzi al cartello toponomastico che segna l’inizio di Santiago de Compostela.

Più ci avviciniamo e più il passo diventa svelto. Acceleriamo inconsciamente ed è il crescere dell’emozione che ci spinge ad aumentare la velocità.

Gli sterrati sono ormai un ricordo e adesso sono le strade cittadine il percorso che dobbiamo seguire per arrivare alla meta.

 

Qui, in periferia, incontro Maria, l’amica piemontese di Alba che non vedo da parecchio tempo.

Ci siamo conosciuti a Roncisvalle e da lì in poi, anche con gli amici napoletani Peppe e Franco, abbiamo proseguito insieme per diverse tappe.

Seguendo poi un pellegrino gallego, Maria ha cominciato ad accelerare il passo, compiendo itinerari molto più lunghi rispetto alla media giornaliera.

Adesso la ritrovo qui a Santiago de Compostela, dove è arrivata già da qualche giorno.

Mi racconta che ha i tendini lacerati, o qualcosa del genere.

Pare comunque che si tratti di un problema abbastanza serio che la porta a deambulare con grande difficoltà.

Mi ha fatto piacere rivederla e avere sue notizie, anche se non sono buone.

Al termine del breve incontro, lei rimane ad attendere il bus per andare in centro mentre io riprendo il “rush” finale verso la cattedrale.

 

Tra la rúa San Pedro e la rúa da Virxe da Cerca, una scritta scolpita sul marciapiede, ripetuta in diverse lingue, dice: “L’Europa è nata in pellegrinaggio a Compostela”.

Forse, però, se ne coglie meglio il significato leggendola nella versione in inglese: “Europe was made on the pilgrim road to Compostela”.

La mia interpretazione della frase è che i pellegrinaggi, e quello di Santiago in particolare, hanno contribuito ad avvicinare i popoli, gettando le basi per la costruzione dell’Europa unita.

Da più di un millennio, per raggiungere Santiago de Compostela, Roma e la Terra Santa, un’infinità di persone ha percorso a piedi una fitta rete di itinerari distribuiti su tutto il vecchio continente.

 

Il cuore storico di Santiago de Compostela è un agglomerato di antiche costruzioni; la bellezza di monasteri, chiese, palazzi e strade è aumentata dal significato spirituale e culturale della città.

 

Gli ultimi passi tra le vie di Santiago de Compostela
Gli ultimi passi tra le vie di Santiago de Compostela

Immersi in questo scenario, percorriamo le ultime centinaia di metri passando da praza de Cervantes e poco più avanti da praza da Inmaculada.

Da quest’ultima piazza, per giungere al termine del nostro Cammino, ci rimane solo da attraversare l’arco del palazzo arcivescovile.

Passando sotto la volta a crociera, che fa da cassa da risonanza, una melodia eseguita con la cornamusa da un artista di strada accompagna in modo suggestivo i nostri ultimi passi.

Quest’arco, lo si può considerare come la porta finale del Cammino francese mentre l’inizio del lungo itinerario è segnato dalla porte Notre-Dame, a Saint-Jean-Pied-de-Port.

 

Sono le 10.10 mentre giungiamo alla meta finale di tutti i Cammini che portano a Santiago de Compostela, ovvero la praza do Obradoiro.

 

La piazza è un’enorme spianata rettangolare, grande all’incirca quanto un campo di calcio regolamentare.

 

Una volta attraversato l’arco della sede arcivescovile, la prima costruzione che vedo è il pazo de Raxoi, palazzo in stile neoclassico che ai giorni nostri è la sede del consiglio comunale.

Mentre avanzo verso il centro della piazza, volgo lo sguardo verso sinistra e provo un sussulto d’emozione…

– Eccola, finalmente, la grandiosa cattedrale di Santiago! –

Mi sento tanto piccolo al cospetto dell’imponente costruzione.

La facciata barocca è scolpita riccamente, come un enorme retablo in pietra, e le due torri identiche, poste su ciascun lato, puntano verso il cielo innalzandosi per ben settantasei metri.

Al centro, in alto, la statua di Santiago saluta i pellegrini giunti fin qui da ogni parte del mondo; mentre ai due lati, a metà altezza, ci sono le statue di Salomè e Zebedeo, rispettivamente madre e padre dell’Apostolo.

Alla base, una scalinata monumentale porta all’ingresso della cattedrale.

 

Eccomi in praza do Obradoiro dinnanzi alla cattedrale di Santiago de Compostela
Eccomi in praza do Obradoiro dinnanzi alla cattedrale di Santiago de Compostela

È davvero grande l’emozione per essere giunto fin qui, dopo un mese di cammino e 767 chilometri percorsi rigorosamente a piedi, partendo dai Pirenei.

 

Siedo a terra, nel centro della piazza, e allo stesso modo fanno anche gli amici che sono con me.

Rimaniamo tutti in contemplazione, con lo sguardo fisso sul monumentale edificio: non ci sono parole da pronunciare e questo è il tempo del silenzio e della meditazione.

Rimango ad ascoltare quel che risuona dentro di me e intanto mi torna in mente ogni singolo momento vissuto nel corso dell’ultimo mese. È come se, durante tutto il percorso, con pazienza e accuratezza, avessi posto in fila, in piedi, i tasselli di un dòmino.

Sarebbe bastato il venir meno dell’equilibrio di un solo mattoncino, per creare un effetto a cascata che avrebbe compromesso l’intera esperienza.

 

In questo momento, non pongo tanto l’attenzione al passato, sia prossimo che remoto, ma al futuro, in tutti i suoi tempi.

– Come immaginare alla luce dell’esperienza del Cammino i giorni che verranno? –

È questa la domanda che mi pongo e alla quale è impossibile dare un responso seduta stante.

La risposta… anzi… Le risposte sono tante e arriveranno spontaneamente ogni qual volta che la vita mi metterà davanti a un bivio o avrò un ostacolo da affrontare.

Percorrendo i molti chilometri che portano a Santiago de Compostela non si acquisiscono nuove capacità ma si prende consapevolezza di quelle che si hanno già dentro, con le quali è possibile realizzare ogni cosa ed essere artefici del proprio del destino.

 

Il Cammino ci dà anche lezioni di felicità, spiegandoci che per raggiungerla ci basta poco e tutto il resto è solo superfluo.

Il benessere materiale è effimero e sarà spazzato via dal primo alito di vento contrario: sono minime le cose che ci servono realmente, così come s’impara vivendo per oltre un mese con i pochi oggetti che può contenere uno zaino.

Per il benessere dell’anima, invece, l’essenziale sono l’aria da respirare e la strada da percorrere, intesi come metafora di un’esistenza libera da condizionamenti e appariscenti sovrastrutture.

 

Arrivare a piedi a Santiago de Compostela, dopo tanti giorni di Cammino e con tutto quel che ne consegue, è un’emozione certamente ben diversa da quella di giungervi con un comodo volo aereo.

È esattamente come il messaggio che ci lascia Paulo Coelho nel suo famoso libro sul pellegrinaggio a Santiago: “Non è importante la meta, ma il cammino”.

L’emozione che si prova all’arrivo si capitalizza man mano che si va avanti, passo dopo passo, ora dopo ora, giorno dopo giorno, e altro non è che il risultato della sommatoria di ciascun momento vissuto durante il Cammino, in funzione del raggiungimento della meta.

 

Affollano la piazza una miscellanea di turisti e di pellegrini.

Guardo gli altri che, come me, hanno appena concluso il lungo Cammino e cerco di leggere le loro emozioni scrutando l’espressione dei volti e gli atteggiamenti dei corpi.

C’è chi sorride con compiacimento mentre altri sono assorti nei loro pensieri. Tanti si abbracciano esultando come dopo aver vinto una competizione e altri ancora passano dalla commozione al pianto di felicità: ognuno vive il Cammino come lo preferisce e lo conclude come più lo sente.

 

Esaurito il lungo momento di riflessione, adesso è tempo del rito fotografico per immortalare il compimento del Cammino.

Innanzi tutto, insieme agli altri amici pellegrini scattiamo qualche foto di gruppo: un modo per suggellare l’arrivo alla meta e anche la nostra amicizia.

Posando col classico sfondo della cattedrale con me ci sono Rocco, Giovanna, Amandine, Antonio, Rodrigo, Barbara e Martina.

A seguire, è il momento delle foto singole da mandare ad amici e parenti.

Anch’io ne invio subito una alla mia compagna per gioire con lei, anche se a distanza, del mio arrivo a Santiago de Compostela.

Per più di un mese, ho lasciato a digiuno di mie notizie tutti gli amici, chiudendo ogni canale di comunicazione. Giunto a questo punto, però, mi sembra il momento opportuno per sospendere il silenzio e fare un “annuntio vobis” sui social.

Come si può immaginare “like” e “complimenti” sono arrivati a valanga, come se tutti non stessero aspettando altro che la “fumata bianca”.

 

***

È passata una mezz’ora dall’arrivo in piazza e anche se il desiderio sarebbe quello di rimanere ancora, è giunto il momento di tornare a pensare alle cose pratiche.

 

Andiamo subito a ritirare la Compostela, il documento che attesta l’avvenuto pellegrinaggio verso la tomba dell’Apostolo Giacomo.

Per questo c’è un apposito ufficio dedicato all’assistenza al pellegrino (Oficina de acollida ao Peregrino) nella rúa Carretas 33, a circa duecento metri dalla cattedrale.

Come una qualsiasi altra struttura al servizio del pubblico, l’ufficio è organizzato con una serie di sportelli e la chiamata elettronica, con tanto di display “elimina-code”.

Penso che sia stata una questione di fortuna se non abbiamo trovato molte persone in attesa, perché di solito pare che ci sia una fila abbastanza lunga.

Non passa molto tempo e presto arriva il momento di presentarmi all’addetto allo sportello.

Ricevere la Compostela non è un atto scontato e immediato, perché prima bisogna rispondere a una serie di domande: la propria nazionalità; le motivazioni che hanno spinto a compiere il Cammino; se è stato fatto a piedi, in bici o a cavallo; la località da cui si è partiti; il totale dei chilometri percorsi e altro ancora.

Intanto che rispondo alle domande, l’uomo dietro al bancone gira e rigira tra le mani la mia Credenziale.

La osserva con attenzione, da un lato e anche dall’altro, senza alcuna fretta.

Mentre pone lo sguardo su ciascun timbro, penso che ognuno di quei stampini rappresenti per me non solo sudore e fatica, ma anche la felicità provata ogni volta che ho aggiunto un nuovo tassello al mio Cammino.

Sembra quasi un esame per ottenere la patente… la “patente di pellegrino”.

Solo al termine di questo lungo colloquio (in realtà sono stati pochi minuti che però mi sono sembrati un’eternità, vista l’ufficialità del momento), l’impiegato mette il timbro della cattedrale di Santiago sulla Credenziale e compila la Compostela, apponendo su questa il mio nome in latino e la data odierna.

Nel contempo richiedo anche la certificazione dei chilometri percorsi, che vengono ufficializzati con una seconda pergamena.

 

Per motivi di sicurezza non è permesso entrare in cattedrale con voluminosi bagagli al seguito e per questo c’è un magazzino apposito, situato nello stesso stabile dell’ufficio di assistenza al pellegrino, dove lasciamo gli zaini pagando 2 Euro a collo.

 

A questo punto non ci resta che andare a prendere posto per assistere alla “messa del pellegrino”.

 

Già da qualche anno, la cattedrale è in ristrutturazione in vista del prossimo anno giubilare del 2021.

Al momento, i lavori sono giunti a buon punto e la parte alta delle due torri è stata già liberata dalle impalcature.

I ponteggi ancora presenti interessano la parte bassa della facciata e per questo motivo non è possibile accedere alla cattedrale dall’ingresso principale.

Di conseguenza non si può vedere il famoso “portico della Gloria” e tantomeno passarvi sotto, come vuole il rituale quando si arriva al termine del Cammino.

Il portico è un’opera scultorea policroma, di epoca tardoromanica, di grande pregio artistico, storico e religioso, composta da circa duecento figure che fanno riferimento all’Apocalisse.

 

L'altare della cattedrale di Santiago
L'altare della cattedrale di Santiago

Attualmente, l’ingresso è dalla porta della praza das Praterías, la stessa piazza in cui si trova l’ottocentesca fontana de los Caballos.

Sono le undici e mezza mentre mettiamo piede in cattedrale.

Alla fine non siamo giunti con tanto anticipo rispetto all’inizio della messa; nonostante ciò, riusciamo a trovare comunque un buon posto in terza fila.

Siamo così al cospetto dell’altare maggiore dove predomina la grande statua di Santiago pellegrino, ricoperta da un mantello d’argento.

L’altare, ubicato sopra il mausoleo romano con i resti dell’Apostolo, è una sontuosa scenografia d’orata in stile barocco, sormontata da un baldacchino sostenuto idealmente da angeli di grandi dimensioni.

Dietro alla statua di Santiago si vede un continuo transito di persone: uno stretto passaggio permette ai fedeli di poter abbracciare il Santo da dietro.

Di fronte all’altare pende il “Botafumeiro”, un grande e pesante turibolo, in ottone e argento, appeso a una robusta corda.

Sul finire delle funzioni religiose, l’imponente incensiere viene fatto oscillare come un pendolo, ampiamente e a grande velocità, dai “tiraboleiros”: un gruppo di otto uomini che con maestria manovrano una serie di altrettante maniglie situate all’estremità della corda.

Per la cronaca, nel corso della storia secolare del “Botafumeiro” si annovera qualche incidente, fortunatamente senza conseguenze per le persone.

L’effluvio d’incenso, aveva nel passato lo scopo di coprire i cattivi odori emanati dai pellegrini che affollavano la cattedrale; al giorno d’oggi, invece, è diventato un’attrazione e viene utilizzato solo nel corso dell’Anno Santo e in occasione delle messe solenni officiate nei giorni delle maggiori feste religiose, tra cui quella del 25 luglio dedicata proprio all’Apostolo Giacomo.

L’azionamento del “Botafumerio”, oltre che nelle suddette occasioni, pare che possa avvenire anche su richiesta preventiva di qualcuno disposto a pagare alcune centinaia di Euro. In genere si tratta di gruppi che possono permettersi di mettere insieme l’ingente somma richiesta.

 

A mezzogiorno in punto, con la cattedrale gremita e molte persone anche all’impiedi, comincia la solenne funzione della “messa del pellegrino”.

Proprio all’inizio viene detto il nome di tutti i pellegrini che hanno preso la Compostela nelle ultime ventiquattr’ore. Se però la lista di questi è troppo lunga, allora la citazione viene fatta per gruppi o per nazioni di provenienza.

Il rito solenne è molto suggestivo ed è officiato da diversi prelati che intervengono nella liturgia in varie lingue, oltre allo spagnolo.

La messa dura una quarantina di minuti e alla fine viviamo un po’ la delusione del mancato rito del “Botafumeiro”. Sapevamo già che non ci sarebbe stato, per quanto ho già detto in precedenza, però speravamo che magari oggi fosse uno di quei giorni in cui viene fatto oscillare su richiesta.

 

Al termine della messa, insieme all’ampio gruppo di amici pellegrini, si passa dal sacro al profano. Andiamo in un locale del centro a festeggiare, con birra e tapas, l’arrivo a Santiago de Compostela e anche l’affiatamento che si è creato tra noi grazie al Cammino.

Confermiamo ulteriormente l’amicizia con l’ennesima foto di gruppo e con la creazione di un gruppo Whatsapp che ci permetterà di restare in contatto dopo che le nostre strade si saranno divise.

L’incontro è anche l’occasione per salutare il sevillano Antonio, che riparte subito; mentre con tutti gli altri l’appuntamento è per stasera, per andare ancora una volta a cena insieme.

 

Dopo aver recuperato gli zaini, è giunto il momento di recarci in ostello.

Situata in pieno centro storico, poco distante dalla cattedrale, O Fogar de Teodomiro è la piccola struttura che ho prenotato ieri pomeriggio per me, Rocco e Giulia.

 

Così come abbiamo fatto durante tutto il Cammino, anche qui a Santiago de Compostela non manchiamo di compiere la visita turistica pomeridiana della località in cui ci troviamo.

Il cielo poco nuvoloso di stamane ha lasciato spazio a grigie nubi di pioggia.

Sono circa le sedici e trenta mentre io, Rocco e Giulia ci avviamo per raggiungere nuovamente il cuore della città gallega.

 

Ritorniamo in cattedrale per visitare liberamente l’interno, dato che a quest’ora non ci sono funzioni religiose.

La cattedrale di Santiago è di stampo romanico e la sua pianta, suddivisa in tre navate, è a croce latina.

L’inizio dei lavori di costruzione risale a quasi mille anni addietro, esattamente al 1075; dopodiché l’edificazione è continuata nel corso dei secoli. Per questo motivo l’architettura dell’edificio sacro è stata influenzata da diversi stili: romanico, gotico, barocco, plateresco e neoclassico.

Per fare un esempio, la barocca facciata principale è stata costruita a protezione del “portico della Gloria” che invece è di epoca romanica.

 

Le spalle del busto argenteo di Santiago nella cattedrale
Le spalle del busto argenteo di Santiago nella cattedrale

Anche noi, come gli altri pellegrini e fedeli, compiamo il rito dell’abbraccio dell’Apostolo Giacomo, sfilando lungo il passaggio retrostante alla statua.

Dopo, scendendo nella cripta, rendiamo omaggio alle sante reliquie contenute all’interno di un’urna d’argento.

Il momento è molto toccante e rappresenta il fine ultimo del lungo cammino.

Il tempo di raccoglimento d’innanzi al sepolcro del Santo è davvero minimo: visto il grande numero di fedeli, bisogna lasciar scorrere la fila in modo continuo.

 

Il tripudio scenografico dell’altare maggiore si ripete nelle ben diciannove cappelle presenti all’interno della cattedrale.

Dato che è impossibile sintetizzare in poche righe la descrizione di queste, rimando il lettore alle guide specializzate.

 

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Fuori dalla cattedrale il tempo è ancora uggioso ma non piove più.

Adesso ci dedichiamo alla visita della città andando un po’ a zonzo e, soprattutto, senza alcuna fretta.

Durante il nostro giro per le vie del centro storico di Santiago de Compostela, sono tante le persone di nostra conoscenza che incontriamo e con cui ci fermiamo a parlare. Adesso, però, abbiamo appuntamento in un bar con un amico speciale con cui, io e Rocco, abbiamo condiviso una buona metà del Cammino: è Dante, l’uomo che trainava a forza di braccia un carrellino con sopra lo zaino.

Mentre sorseggiamo delle birre, Dante ci racconta di come è proseguito il suo Cammino dopo che ci ha lasciati per andare avanti più velocemente. Ci dà notizie anche del suo carrellino che purtroppo ha dovuto abbandonare dopo che le ruote hanno ceduto definitivamente, usurate all’osso per via dei tantissimi chilometri macinati.

 

La cena di stasera è a Casa Manolo, un rinomato ristorante sito in plaza de Cervantes, dove ancora una volta siamo un gruppo abbastanza numeroso.

 

Dopo cena comincia la notte brava, con festeggiamenti vari e giro notturno per i locali della movida di Santiago de Compostela.

 

Per molti il Cammino termina qui e tra questi ci sono anche Giulia e Amandine; mentre per me, Rocco e Giovanna non è ancora finito e già domattina si riparte presto.

Pertanto non facciamo molto tardi e salutati i goliardici pellegrini andiamo a dormire.

© Aldo Lardizzone 2020 Licenza Creative Commons CREATIVE COMMONS

 

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