Passo dopo passo sul Cammino di Santiago 

Da Roncisvalle a Zubiri

12 maggio 2018
Tappa 2 – Km. 21

Roncisvalle. La Capilla de Sancti Spiritus.
Roncisvalle. La Capilla de Sancti Spiritus.

 

 

Ieri pomeriggio, dopo la doccia e un breve riposo, i muscoli degli arti inferiori erano contratti, irrigiditi e indolenziti, impregnati di acido lattico.

Anche se si trattava di una condizione “normale”, determinata da una prolungata sollecitazione di piedi e gambe, mi sono chiesto: – Come potrò domani ripartire e affrontare una nuova giornata di Cammino, se adesso riesco a stento a fare quattro passi? –

Invece, dopo una nottata di sonno, come per miracolo, i piedi e le gambe sono nuovamente in buone condizioni e pronti a rimettersi in cammino.

 

La difficoltà a deambulare nel pomeriggio, dopo il compimento della tappa, sarà pressoché una costante di tutti i giorni; ogni mattina, però, tutto tornerà a posto e sarò nuovamente in grado di affrontare i tanti chilometri che mi aspettano.

In realtà, così com’è universalmente raccomandato dopo una prestazione atletica, anziché fermarsi immediatamente bisognerebbe dedicare almeno dieci minuti a esercizi di allungamento, fintanto che i muscoli sono ancora caldi. Pratica che però non applico – sbagliando! – dato che ogni volta che arrivo a destinazione non vedo l’ora di mettermi sotto la doccia.

 

Stamattina parto alle 7:00 e con me ci sono anche Franco, Peppe e la nuova amica Maria.

 

Come ho già detto, camminare è un’attività che bisogna fare secondo il proprio passo, senza aumentare o diminuire l’andatura per seguire qualcun altro. Pertanto, quando si parte insieme non vuol dire che tutta la tappa la si farà di pari passo. Sarà normale andare avanti, restare indietro, perdersi e ritrovarsi. Se poi, a fine giornata ci si ferma nella stessa località sarà facile trovarsi nuovamente e magari passare assieme la serata.

Il bello del Cammino di Santiago è che puoi stare molto con te stesso e con i tuoi pensieri, così come puoi relazionarti con persone provenienti da ogni angolo del mondo: dalla Terra del Fuoco all’Australia, dal Sudafrica al Canada, dalla Corea all’Argentina; cammini e parli per un po’ in spagnolo/italiano con un colombiano e poco dopo con un giapponese, utilizzando l’inglese e molto la gestualità.

Solo con i francesi, che parlano la loro lingua e basta, non sono riuscito a dialogare molto, non avendo alcuna conoscenza del loro idioma. Nonostante ciò, con molti di essi ho comunque creato un rapporto di simpatia e amicizia grazie al linguaggio universale del sorriso :-)

 

Tra tutti i francesi incontrati, il mio pensiero va in particolare ad Anna, una splendida signora ultra settantenne, da sola lungo il Cammino: autonoma, ben organizzata e con passo svelto e deciso.

Il personaggio mi ha colpito anche per il fatto che sull’abbigliamento rigorosamente da trekking ha sempre portato una spessa collana e dei pendenti abbinati, entrambi d’oro.

La prima volta che ho visto Anna è stato quando l’ho aiutata a raddrizzare lo zaino che, inconsapevolmente, portava sulle spalle in modo sbilenco.

Da quel momento, ogni incontro è stata sempre una festa: pur senza intenderci per via del francese a me sconosciuto ci è sempre bastato un – Bonjour! – e un sorriso per consolidare la nostra amicizia.

 

***

Stamani, contrariamente a ieri, il meteo non è clemente; infatti, dopo la bella giornata di sole che mi ha accompagnato durante la tappa pirenaica, oggi il cielo è grigio e, anche se adesso non piove, penso che non tarderà molto a farlo.

Per non ritardare la partenza, andiamo via dall’ostello senza aver fatto colazione, ripromettendoci di fare una sosta nel primo paese che incontreremo.

 

Burguete. Iglesia de San Nicolás de Bari.
Burguete. Iglesia de San Nicolás de Bari.

Arrivati all’ingresso di Burguete, non ci fermiamo al primo bar che incontriamo perché pensiamo che ce ne siano altri nel centro del paese. Invece, andando avanti troviamo tutto chiuso e per non tornare indietro continuiamo a camminare a stomaco vuoto.

 

Mentre passo davanti a un Bancomat, penso di prelevare dei contanti per provare che la mia carta sia realmente abilitata per l’estero. La tiro fuori dal portafoglio e, con mia amara sorpresa, mi accorgo che è nettamente spezzata in due; fortunatamente, però, il chip è ancora integro.

Non so bene come sia potuto accadere ma la realtà dei fatti è questa e dovrò trovare presto un modo per risolvere il problema, dato che il mio sostentamento economico per tutto il Cammino si baserà solo su questa carta.

Ho abbastanza contanti per un po’ di giorni, quindi per adesso non ci penso e aspetto di raggiungere un grande centro abitato, magari una città, per trovare la soluzione al problema.

 

***

Anche la tappa di oggi la si può considerare in area pirenaica.

Il percorso non è molto difficoltoso: si alternano salite e discese non impegnative e quando arriveremo a Zubiri, ci troveremo più bassi di quota di poco più di quattrocento metri, rispetto a Roncisvalle.

Il paesaggio è prettamente bucolico, con verdi prati dove pascolano ovini, bovini e anche equini dalle folte e lunghe criniere.

Molto belle le zone dell’Alto de Mezkiritz e dell’Alto de Erro dove l’itinerario passa attraverso dei boschi molto fitti; dopo questi, non ne incontreremo altri fin quando non arriveremo in Galizia.

 

– Non avrei dovuto saltare il primo bar di stamattina, perché andando più avanti non ho trovato altri locali dove mangiare qualcosa. –

 

Pascolo tra Roncisvalle e Zubiri
Pascolo tra Roncisvalle e Zubiri

Mancano pochi minuti alle dieci mentre passo da Bizkarreta-Gerendiain, il terzo paese che incontro quest’oggi.

Sono più o meno a metà della tappa ed è qui ­– finalmente! – che trovo un posto aperto dove fare una vera colazione.

L’arrivo coincide anche con i primi goccioloni di pioggia, che cadono sempre più copiosi e che presto diventano un intenso scroscio d’acqua.

Dentro al bar, metto giù lo zaino e, prima di sedermi al tavolo insieme ad altri pellegrini, prendo al banco una tortilla e una spremuta d’arancia.

 

La “tortilla de patatas” altro non è che una frittata di uova sbattute con patate tagliate a grossi pezzi. Si presenta alta e ben compatta e viene servita accompagnata da una bella fetta di pane.

È una delle pietanze più classiche della cucina spagnola e la si trova in qualsiasi bar o ristorante. Per i camminatori rappresenta una buona carica di energia ed è per questo che, così come gli altri pellegrini, durante le soste la mangio spesso e volentieri.

 

Bosco prima dell'arrivo a Zubiri
Bosco prima dell'arrivo a Zubiri

Terminata la pausa, sta ancora piovendo e quindi il è momento buono per indossare il mio poncho nuovo di zecca, comprato appositamente per il Cammino. Invece, per inaugurare le ghette, anch’esse acquistate per l’occasione, aspetto un altro momento perché la pioggia non è tanta.

 

Alle 13:10 arrivo a Zubiri.

Attraverso il cosiddetto “Ponte della rabbia” e pochi metri più avanti raggiungo l’Albergue Zaldiko dove, fortunatamente, trovo l’ultimo posto libero.

Mi è dispiaciuto per il pellegrino che è arrivato in ostello un passo dopo di me, al quale non è stata data ospitalità per mancanza di posti: la regola vuole che – Chi prima arriva, prima alloggia! – e se non c’è posto si prova da qualche altra parte, o addirittura si va al successivo centro abitato.

Proprio così è andata a dei pellegrini italiani che, arrivando a Zubiri, non hanno trovato posto in nessuna struttura e non gli è rimasto altro da fare che andare al paese successivo, scegliendo però di farsi portare da un taxi.

– Ahi! Ahi! Ahi! Il vero pellegrino va a piedi e non in taxi. –

In questi giorni, qui a Zubiri, c’è un raduno di giovani che alloggiano presso l’ostello comunale ed è per questo motivo che c’è questa temporanea carenza di posti dove dormire.

 

Non ho notizie degli amici napoletani, Peppe e Franco, e nemmeno di Maria: stamattina siamo partiti insieme dall’ostello di Roncisvalle e dopo qualche chilometro di cammino ci siamo persi di vista.

 

Zubiri. Il ponte della Rabbia sul fiume Arga.
Zubiri. Il ponte della “Rabbia” sul fiume Arga.

Nel pomeriggio faccio un giro per Zubiri.

Il paese è minuscolo e non c’è tanto da vedere.

Molto bello il ponte gotico sul fiume Arga; è chiamato della “rabbia” perché la credenza vuole che gli animali e le persone guariscano, o prevengano la malattia, girando più volte intorno al pilone centrale.

 

Mentre sono in giro per il paesino, mi chiama Peppe dicendomi che anche lui e gli altri amici sono a Zubiri e che hanno trovato da dormire in un appartamentino.

Mi dice pure che nell’alloggio hanno la cucina e mi propone di fare la spesa e preparare in casa qualcosa da mangiare.

Il titolo di “chef” mi viene conferito per il semplice fatto che in questo gruppo sono l’unico che ha un minimo di dimestichezza con i fornelli.

Personalmente non sono molto convinto della proposta ma, dato che a Zubiri non c’è molto da fare, potrebbe essere un modo per passare la serata. Tra l’altro il tempo è freddino e piovigginoso.

Così, dato che sono già in giro e loro sono ancora alle prese con docce e bucato, vado da solo a comprare la roba per la cena, prendendo quel che più mi ispira.

In queste occasioni, un classico è la pasta col tonno e, a seguire, dei salumi e dei formaggi. Il top della cena sarà la bottiglia di vino della Rioja, che pago una ventina di Euro con la speranza che il prezzo sia garanzia della bontà del prodotto.

 

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Fatta la spesa, raggiungo gli amici a casa loro e ci accomodiamo in cucina.

Visto che è un po’ presto per preparare la cena, per intanto stuzzichiamo qualcosa di quel che è avanzato dalle scorte del pranzo.

In casa c’è anche Eloise, una ragazza francese che parla abbastanza bene l’italiano.

L’ho incrociata ieri lungo il Cammino e vedendola un po’ smarrita mi sono preoccupato di chiederle se andava tutto bene.

– Si tutto bene, grazie. Vado solo lentamente. – questa la sua risposta, accompagnata da un sorriso di gratitudine per la mia attenzione.

Invitiamo Eloise a unirsi a noi, estendendole l’invito anche per la cena.

Il tempo passa piacevolmente tra una chiacchiera e l’altra, tra uno stuzzichino e l’altro.

Solo dopo aver trascorso più di un’ora nella sala, ci accorgiamo che la cucina non ha i fornelli.

Chiedo allora lumi alla proprietaria di casa e questa mi risponde che per cucinare la pasta c’è il microonde.

– Proprio così! Ha detto il mi-cro-on-de. –

Ovviamente da buoni italiani inorridiamo all’idea di preparare in questo modo il piatto principe della nostra cultura culinaria; però, non avendo altra alternativa, non ci resta che farci spiegare il procedimento.

1. Riscaldare dell’acqua col bollitore per il tè; 2. in una ciotola mettere la pasta cruda e versare l’acqua calda; 3. mettere il tutto nel microonde, dandogli la massima potenza; 4. cuocere per dieci minuti, e ogni due rimescolare il tutto.

Prima della pasta ho preparato il condimento mettendo in una ciotola i pelati e il tonno; ho cotto il tutto sempre al microonde per un bel po’ di minuti, dando una girata di tanto in tanto.

Per conto mio devo dire che il risultato non mi è proprio piaciuto, invece gli altri commensali hanno gradito ed hanno fatto il bis e anche il tris.

– È proprio vero che quando c’è fame si mangia qualsiasi cosa! –

© Aldo Lardizzone 2020 Licenza Creative Commons CREATIVE COMMONS

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