Passo dopo passo sul Cammino di Santiago 

Da Zubiri a Pamplona

13 maggio 2018
Tappa 3 – Km. 20

Zubiri. L'accesso al paese attraverso il ponte della Rabbia
Zubiri. L'accesso al paese attraverso il ponte della Rabbia

 

 

Stamattina, prima di partire, riesco a fare colazione in un bar che si trova di fronte all’ostello, già aperto dalle sei.

Con Peppe, Franco e Maria non abbiamo un appuntamento preciso; si era solo ipotizzata una partenza intorno alle sette. Tra l’altro, Peppe e Franco non hanno intenzione di fermarsi questa sera a Pamplona ma vogliono andare oltre perché la loro idea è di concludere l’interno Cammino in meno di un mese.

Personalmente non ho motivo di accelerare e voglio godermi l’esperienza con i miei tempi.

 

Il Cammino francese, che da Saint-Jean-Pied-de-Port arriva a Santiago de Compostela, è tradizionalmente suddiviso in trenta tappe, quindi lo si può compiere in un mese esatto; se poi, si vuole proseguire fino all’oceano ci vogliono altri tre giorni di percorrenza per arrivare a Finisterre, e un altro giorno ancora se si vuole concludere a Muxía.

Se invece si vuole personalizzare il Cammino, accelerando o rallentando, è possibile fermarsi anche in località intermedie a quelle consuete; infatti, in tutti i paesi che s’incontrano lungo il percorso, piccoli o grandi che siano, c’è la possibilità di trovare accoglienza.

L’eventualità che non si trovi posto negli ostelli si pone prevalentemente nei luoghi classici, dato che la maggior parte dei pellegrini è orientata a seguire l’itinerario standard.

 

***

Parto da solo da Zubiri alle 7:10. Ho aspettato giusto dieci minuti per vedere se si fosse presentato qualcuno degli amici.

Con Maria ci incontreremo ancora durante molte tappe del Cammino mentre, da questo momento, perdo le tracce di Peppe e Franco che andranno più veloci con l’intento di arrivare a Santiago de Compostela in meno di un mese.

Li rivedrò solo a luglio, in quel di Torre del Greco, quando organizzeremo una rimpatriata serale.

 

Il meteo odierno non promette bene: la giornata è freddina, nuvolosa e a tratti anche piovigginosa.

Andando via da Zubiri riattraverso l’affascinante ponte della “rabbia” e mi ritrovo subito a camminare tra paesaggi bucolici; il sentiero fiancheggia il río Arga, lo stesso fiume che scorre dentro Pamplona.

Il percorso di quest’oggi è abbastanza semplice: non è molto lungo, solo circa ventuno chilometri, ed è piuttosto pianeggiante.

Col fisico in buona forma, il mio Cammino procede piacevolmente.

 

In attesa di trovare lungo il percorso qualche posto dove fare una pausa e mangiare qualcosa di sostanzioso, ho sempre con me, oltre l’acqua, della frutta secca e l’immancabile banana; a volte anche del pane, con o senza companatico.

Ho portato da casa dei gel energizzanti a base di Maltodestrine, che mi sono stati consigliati da un’amica farmacista; di questi non ne ho presi molti, per non appesantire ulteriormente lo zaino.

Ne assumo uno solo quando la tappa si prospetta più impegnativa ma, francamente, non so dire se ci sia una differenza di rendimento.

L’unica certezza è quella di alleggerire lo zaino di cinquanta grammi ogni volta che prendo una dose di gel e questo mi sembra già un gran vantaggio.

 

Poco prima delle dieci, mi fermo in un bar nei pressi di Zuriain dove, come spesso faccio, mangio una porzione di tortilla accompagnandola con del pane e una spremuta d’arancia.

Nel locale ci sono tanti pellegrini e tra questi anche Juanì e Salvador, entrambi spagnoli.

Li ho già incrociati altre volte e ho scambiato con loro qualche parola, col mio spagnolo maccheronico; però, è in questa occasione che comincia a consolidarsi tra noi una stretta amicizia che andrà oltre al Cammino.

Anche loro due si sono conosciuti strada facendo e stanno procedendo insieme.

Juanì è di Portugalete, nei paesi baschi: è vedova, ha due figlie, ha finito di lavorare ed è in attesa della pensione. È uno scricciolo di donna molto vivace, affettuosa e premurosa.

Salvador, pur essendo di origine spagnola, vive in Francia a Strasburgo, dove conduceva i tram cittadini; ha moglie e figli ed è già in pensione. Ha avuto qualche problema di salute ma adesso è in buona forma e affronta il Cammino con determinazione.

Salvador ha una faccia simpatica e sorridente ma la sua espressione s’incupisce tutte le volte che mi parla del franchismo e del fatto che suo padre, per motivi politici, ha dovuto lasciare la Spagna.

 

Juanì mi suggerisce di prenotare l’alloggio a Pamplona, così come hanno già fatto lei e Salvador.

Visto com’è andata a Zubiri e non volendo sottrarre tempo alla visita del capoluogo della Navarra per impiegarlo nella ricerca di un alloggio, accetto il consiglio di Juanì.

È lei stessa che si premura di chiamare l’ostello per conto mio.

Riprendo il cammino con più tranquillità, senza la preoccupazione di non trovare posto da dormire.

 

Zabaldika. La iglesia de San Esteban
Zabaldika. La iglesia de San Esteban

Circa ottocento metri dopo il centro abitato di Irotz, arrivato a Zabaldika, faccio una breve deviazione per visitare la piccola iglesia de San Esteban, costruita nel XIII secolo in stile romanico.

Per arrivare alla chiesetta, situata su un’altura, attraverso la strada statale e percorro, per qualche centinaio di metri, un ripido sentiero.

Mi accoglie una suora in abiti “civili” la quale, dopo avermi chiesto la nazionalità, mi porge un foglio in italiano che descrive la chiesa.

All’interno si distinguono, in particolare, una policroma pala d’altare (retablo, in spagnolo) del XVII secolo e la fonte battesimale, di quattro secoli più antica.

 

Zabaldika. Il crocifisso circondato dai post-it
Zabaldika. Il crocifisso circondato dai post-it

Inoltre, non possono non saltare all’occhio una miriade di post-it gialli a forma di freccia con su scritto richieste e/o ringraziamenti; ognuno di questi è stato attaccato, dai pellegrini di passaggio, tutt’attorno a un crocifisso di legno, posto di fronte all’ingresso.

Anch’io ne attacco uno.

Salendo una stretta scala a chiocciola in pietra, mi reco in cima al campanile.

Come la suora mi ha suggerito di fare, non manco di battere un tocco alla più piccola delle due campane, annunciando così al paese, secondo la tradizione, che un altro pellegrino è passato dalla chiesa di San Esteban.

Da quel che si dice, sembra che questa sia la più antica campana di tutta la Navarra.

La maggior parte dei pellegrini non fa questa breve deviazione e così, per tutto il tempo della visita, oltre alla suora, sono stato l’unica persona presente in chiesa; circostanza questa che ha reso ancora più speciale la mia esperienza.

Prima di andar via da San Esteban lascio un'offerta e faccio mettere, dalla religiosa, un timbro sulla mia Credenziale.

 

Lungo il Cammino di Santiago ci sono tante occasioni per aggiungere timbri (sellos, in spagnolo) sulla Credenziale: oltre agli ostelli anche luoghi sacri, bar, ristoranti e perfino singole persone, hanno un loro timbro da apporre sul personalissimo documento di ciascun pellegrino, a testimonianza del loro passaggio.

La mia idea è di non esagerare nel collezionare questi stampini, anche per non sminuirne il significato, e mi limito a far apporre sulla mia Credenziale solo i timbri delle località dove pernotto e dei luoghi che ritengo particolarmente significativi, proprio come la piccola chiesa di San Esteban.

 

***

Sono le undici e dieci mentre torno a camminare costeggiando il río Arga.

Riprendono a susseguirsi i bei paesaggi rurali e in alcuni punti il percorso attraversa anche delle macchie boschive.

Percorro quindi altri quattro chilometri circa, arrivando intorno a mezzogiorno alla iglesia de La Trinidad de Arre, che incontro subito dopo il bel ponte medievale sul fiume Ulzama.

Qui mi godo cinque minuti di riposo e di pace all’interno della piccola chiesa risalente al XII secolo.

Ormai la meta è vicina: superata Villava e Burlada, posso dire di essere già a Pamplona.

 

Pamplona. L’ingresso al casco antiguo dal Portal de Francia
Pamplona. L’ingresso al casco antiguo dal Portal de Francia

Giungere a piedi in una grande città mi dà una strana sensazione. In tutti i viaggi che ho fatto fino a oggi, sono sempre arrivato nei grandi centri abitati in aereo o con dei trasporti via terra, treno o bus, e mai con le mie gambe, dopo aver percorso un lungo cammino d’avvicinamento.

 

Come ho già detto in modo più dettagliato nel prologo di questo racconto, una delle motivazioni che mi ha sempre affascinato e che mi ha spinto a intraprendere il Cammino di Santiago è stata proprio l’idea di fare un “viaggio lento”, durante il quale potermi rendere conto, tratto dopo tratto, dello spostamento fisico compiuto per raggiungere la meta; percezione che viene meno quando volo in aereo da un continente all’altro.

 

Pamplona. La cattedrale di Santa Maria la Reale
Pamplona. La cattedrale di Santa Maria la Reale

 

***

Attraversato il Puente de la Magdalena, sul río Arga, mi ritrovo nel cuore storico di Pamplona.

La mia tappa odierna termina alle 13:30 giungendo all’Hostel Plaza Catedral, situato proprio a fianco della cattedrale.

 

Qui incontro Juanì e Salvador che stanno per andare al ristorante insieme a Jesus, un loro amico spagnolo.

M’invitano a unirmi a loro ma declino gentilmente perché preferisco fare un pasto più consistente questa sera seduto a tavola, mentre adesso mi accontento solo di uno spuntino veloce.

Tra l’altro, ho tempo solo questo pomeriggio per andare alla scoperta di Pamplona.

 

Dopo il solito iter di fine tappa (doccia, bucato, breve riposo), inizio la mia visita del “casco antiguo” della città.

Uscendo dall’ostello, la cattedrale di Santa Maria la Reale, dalla facciata neoclassica, si pone immediatamente davanti ai miei occhi; ne ammiro l’esterno e per vederne l’interno devo rimandare la visita a più tardi, perché al momento è chiusa.

Poco più avanti incontro Rocco di Torino, che non vedo da qualche giorno.

Facciamo due chiacchiere e alla fine ci scambiamo i numeri di telefono. Ci sentiremo più tardi per andare insieme a cena.

 

Pamplona. Il palazzo dell’ayuntamiento nella centralissima plaza Consistorial
Pamplona. Il palazzo dell’ayuntamiento nella centralissima plaza Consistorial

Mi reco, quindi, alla plaza Consistorial. Qui si trova il bel palazzo barocco dell’ayuntamiento (municipio) da dove, ogni 6 luglio alle dodici, viene lanciato il “chupinazo”, il razzo che annuncia l’inizio della famosa festa di san Firmino.

Proseguo il mio tour della città, andando un po’ a zonzo e un po’ seguendo un itinerario di massima.

Arrivo così alla iglesia de San Lorenzo dove è conservata la reliquia di san Firmino, il santo patrono della città; purtroppo anche questa è chiusa e non posso visitarne l’interno.

Di fronte alla stessa chiesa incontro Judith, una giovane e simpatica madrilena che vive in Francia e che nella vita si occupa di yoga e di altre discipline orientali.

Ci fermiamo un po’ a parlare e anche con lei da questo momento nasce una amicizia che si consoliderà ogni volta che ci incontreremo lungo il Cammino.

 

Proseguo nella scoperta di Pamplona visitando la Ciudadela o castillo Nuevo: fortificazione militare in stile rinascimentale, a forma di pentagono. All’interno delle possenti mura della cittadella oggi c’è un grande parco dove spesso si tengono spettacoli e iniziative culturali di vario genere.

Ritornando verso il centro vedo la iglesia San Nicolás, caratterizzata da un portico neogotico, quindi passo da la plaza del Castillo, considerata come il “salotto buono” di Pamplona, e infine arrivo al monumento dell’Encierro, proprio mentre comincia a piovere.

 

Pamplona. Monumento all’Encierro, la corsa dei tori per la festa di san Firmino
Pamplona. Monumento all’Encierro, la corsa dei tori per la festa di san Firmino

L’Encierro è la famosa corsa dei tori che si svolge durante la festa di san Firmino, resa celebre nel mondo da Ernest Hemingway, di cui raccontò lo svolgimento nel libro “Fiesta (Il sole sorgerà ancora)” del 1926.

La corsa dei tori si snoda lungo le strade della parte antica della città e si conclude nella plaza de Toros, dove nel pomeriggio si svolge la corrida.

Il monumento che ricorda l’evento è costituito da statue che riproducono a grandezza naturale i tori e le persone.

L’opera rappresenta, in maniera molto drammatica, un fermo immagine della corsa, dove dei tori scatenati e incontrollati inseguono alcuni corridori mentre ne travolgono altri.

 

Visto che piove, per stare un po’ al coperto, ne approfitto per visitare l’arena, anche se ho già avuto notizie che all’interno c’è poco d’interessante da vedere.

Il “ruedo” (l’arena vera e propria dove si svolge la corrida) non è aperto al pubblico e l’accesso alla struttura rimane limitato solo alla galleria perimetrale dove, in questi giorni, ci sono degli stand che vendono prodotti di artigianato.

Mentre do un’occhiata agli oggetti esposti, smette di piovere. Quindi esco e mi dirigo verso l’ostello, provando a percorrere strade e stradine da dove non sono ancora passato, con la speranza di individuare qualche zona della città un po’ più movimentata.

Devo dire che Pamplona mi ha un po’ deluso. Le mie aspettative erano di vedere una città piena di vita e con una bella atmosfera, con tante persone in giro ad animare le sue vie.

Ho trovato, invece, una città completamente deserta.

Oggi è domenica e tutti i negozi sono chiusi, così anche la maggior parte dei bar e degli altri luoghi di ritrovo; di quest’ultimi solo pochi sono quelli aperti. Di conseguenza, vuoi anche per la giornata grigia e a tratti piovigginosa, c’è pochissima gente in giro.

Immagino, comunque, che questa sia una situazione anomala e che di solito Pamplona sia una città molto vivace, così come raccontano le cronache.

 

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Poco prima delle diciannove ritorno in cattedrale. Questa volta è aperta e ne approfitto per visitare l’interno in stile gotico.

La pianta a croce latina è suddivisa in tre navate e in fondo si apre l’abside a forma poligonale.

Nella navata centrale c’è la tomba del re Carlo III il Nobile e della sua consorte, sormontata dalle statue in alabastro degli stessi regnanti.

 

All’uscita della chiesa incontro Rosario e Nicola e anche loro, mi dicono, che hanno appuntamento per cena con Rocco.

Raggiungiamo insieme il ristorante prescelto, dove ci sono già tutti gli altri: in totale siamo otto uomini.

Nel gruppo c’è anche Dante di Civitavecchia che presto diventerà un altro degli amici con cui condividerò molte tappe del Cammino.

Nonostante la conoscenza tra noi tutti sia recentissima, tra chiacchiere e risate passiamo allegramente la serata con la stessa goliardia dei vecchi amici, complice anche il buon vinello che accompagna il “menù del pellegrino”.

© Aldo Lardizzone 2020 Licenza Creative Commons CREATIVE COMMONS

 

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