Passo dopo passo sul Cammino di Santiago 

Da Saint-Jean-Pied-de-Port a Roncisvalle

11 maggio 2018
Tappa 1 – Km. 25

Saint-Jean-Pied-de-Port, Porte Notre-Dame
Saint-Jean-Pied-de-Port. Eccomi alla partenza, poco prima di attraversare la Porte Notre-Dame.

 

 

– Finalmente è arrivato il grande giorno! –

Comincia oggi la mia avventura lungo il Cammino francese, verso Santiago de Compostela e Finisterre.

 

Mi vien da sorridere pensando che ieri sera ho puntato la sveglia nel timore di non svegliarmi presto.

– Macché! – Stamattina ero già operativo alle cinque e mezza, trenta minuti prima dell’orario previsto.

Negli ostelli ci si sveglia anche sentendo gli altri pellegrini che incominciano a prepararsi: nonostante questi sbrighino le loro cose con l’ausilio delle torce, per evitare di accendere la luce, e con la massima attenzione, per non far rumore, per chi è ancora a letto è inevitabile non avvertire l’operosità di quelli che si muovono all’interno della camerata.

 

Faccio colazione nella sala comune dell’ostello, mangiando quello che ho comprato ieri e bevendo del tè che preparo al momento.

Quando torno nella camerata sento qualcuno che parla di prenotare l’ostello per la prossima notte: per via del gran numero di pellegrini, corre voce che probabilmente non sarà facile trovare posto a Roncisvalle.

In effetti, ieri, arrivando a Saint-Jean-Pied-de-Port, mi ha sbalordito notare quanta gente sia arrivata insieme a me.

La mia scelta di partire in questo periodo è stata determinata anche dall’idea che maggio fosse un mese poco affollato.

Ieri pomeriggio, invece, l’uomo dell’accoglienza ha confutato la mia ipotesi dicendomi che questo è uno dei periodi di maggior afflusso di pellegrini, per via del clima mite: non freddissimo, come in inverno, e non torrido, come in estate.

Bisogna anche considerare che Roncisvalle è un altro dei punti di partenza del Cammino francese e molti pellegrini, arrivando dai loro luoghi d’origine, si recano direttamente lì anziché a Saint-Jean-Pied-de-Port.

Comunque sia, – Non mi va di prenotare! –

Voglio vivere il Cammino liberamente, un po’ come viene.

Decido quindi di procedere secondo questa condotta, anche se il pensiero di non trovare posto per una doccia e per dormire, dopo aver percorso venticinque chilometri, mi mette un po’ d’ansia.

Questa sensazione, più o meno, mi accompagnerà per tutte le tappe del mio Cammino ed è forse l’unico aspetto negativo di questa bellissima esperienza.

Devo anche confessare a chi mi legge che in qualche occasione, nonostante le mie intenzioni integraliste su come vivere il Cammino, anch’io cederò alla prenotazione dell’ostello, ma solo in quelle località dove notoriamente la ricettività è bassa.

 

Alle sette del mattino lascio l’ostello e comincio il mio Cammino partendo insieme a Franco per la Via Alta, chiamata anche Route Napoléon, l’itinerario più bello, più panoramico e di maggiore impegno.

Peppe, l’altro amico napoletano, avendo già fatto una volta questa tratta, sceglie di intraprendere la via del fondovalle. Quest’ultima è obbligatorio percorrerla in caso di cattivo tempo.

 

Oggi, per quel che riguarda il meteo, la giornata si presenta molto bella: c’è il sole e il cielo è terso e pertanto, senza alcun dubbio, la mia scelta è quella di seguire l’epica Route Napoléon.

La temperatura è piuttosto bassa e si registrano appena quattro gradi; un po’ di foschia è concentrata solo nelle vallate.

 

Attraversata la Porte Notre-Dame, percorso il Vieux Pont sul fiume Nive e passata anche la Porte d’Espagne, posso dire di essermi lasciato alle spalle Saint-Jean-Pied-de-Port, situata a 175 metri d’altitudine.

Il percorso che seguo è su asfalto e, senza darmi alcuna illusione, sin da subito è tutto in salita: d’altra parte la tappa di oggi scavalca i Pirenei raggiungendo un’altitudine di 1.430 metri e quindi la forte pendenza è da mettere in conto.

Durante i primi chilometri perdo le tracce di Franco. Il percorso in salita e soprattutto il pesante zaino che porta sulle spalle, lo rallentano parecchio. Il distacco tra me e lui aumenta sempre più, fino a farci perdere di vista.

 

Pirenei
Pirenei. Scorcio paesaggistico.

Il trekking, e quindi anche il Cammino di Santiago, non è una gara di velocità dove vince chi arriva per primo, però la regola vuole che ognuno proceda col proprio passo: non è consigliato né andare più veloce, per stare dietro a qualcuno, e nemmeno ridurre l’andatura, per aspettare chi rimane indietro.

 

Bellissimi gli scorci naturali che si rivelano ai miei occhi, man mano che avanzo e che salgo di quota. È tutto un susseguirsi di morbide colline e vallate con fattorie e piccoli insediamenti.

Le geometrie dello scenario naturale, ammantate di praterie popolate da greggi di ovini e bovini, risplendono di un verde intenso sotto i raggi del sole mattutino. Di tanto in tanto, i prati lasciano il posto a piccoli boschi che interrompono le linee sinuose del paesaggio.

 

Percorsi i primi cinque chilometri, sono le otto e un quarto quando arrivo a Huntto, dove c’è l’ostello Ferme Ithurburia.

 

Pirenei
Pirenei. Scorcio paesaggistico.

Fin qui è stata una costante ascesa e adesso mi trovo a poco più di 500 metri d’altitudine; questo significa che il tragitto che segue continuerà in pendenza, dovendo ancora salire di altri 900 metri, circa.

 

Il percorso che sto seguendo è denominato GR65 ed è indicato graficamente con due lineette parallele, una bianca e una rossa; assieme a queste è riprodotta anche la conchiglia gialla che segna il Cammino di Santiago.

Invece, la classica freccia gialla che indica la direzione verso Santiago de Compostela e Finisterre, la si trova in territorio spagnolo.

 

Sul Cammino di Santiago, non è possibile perdersi: tutto il percorso è ben segnalato, frequentemente e a ogni bivio.

Personalmente ho caricato l’intero itinerario sul navigatore dello smartphone, segnando preventivamente tutte le tappe. La sua utilità, più che per trovare la strada da seguire, è quella di darmi indicazioni, di volta in volta, su quanto manca, in termini di tempo e di distanza, prima di giungere alla successiva località.

Sono mille i motivi per cui può sorgere la domanda – Quanto manca? – e tante volte saperlo può essere un conforto e uno sprono per andare avanti.

In particolare, quando durante il Cammino viene una fame da leone che si potrebbe addentare il primo pellegrino che passa accanto, consola sapere quanto è distante il prossimo centro abitato, dove poter mangiare qualcosa e fare anche una pausa.

 

Pirenei. Rifugio Orisson
Pirenei. Il rifugio Orisson.

Dopo aver camminato per un’altra ora, sono passate da poco le nove mentre arrivo al rifugio Orisson, situato a circa 800 metri di quota.

Qui trovo molti pellegrini che stanno facendo pausa, tra cui gli italiani caciaroni che ieri, alla stazione di Lourdes, sono saliti sul treno per Bayonne.

Tra questi ci sono anche Nicola e Rosario, di Palermo, Rocco, che si fa chiamare Peter ed è di Torino, Beppe e Piero, anch’essi di Torino e Dante, di Civitavecchia; con me di Catania, rappresentiamo un po’ tutta l’Italia.

Mi unisco a loro per il tempo di una breve pausa e di uno scambio di battute.

Con la goliardia del primo giorno e anche per il fatto di essere tutti italiani, si fa presto a fare gruppo e a buttarla in caciara e, questa volta, anch’io con loro.

Prima di riprendere a camminare, immortaliamo il momento scattando una foto di gruppo.

La mia sosta non la faccio durare più di dieci minuti, anche perché comincio a rendermi conto che più lungo è il riposo e più difficile diventa la ripresa.

 

Specialmente in questa prima tappa ascolto continuamente il mio corpo; cerco di dosare le forze e faccio attenzione a come rispondono i miei arti inferiori a ogni passo.

Non sono un fanatico delle prestazioni ma se sono qui è perché vorrei compiere il Cammino fino in fondo, così come l’ho immaginato. Tra l’altro, sono stato molto determinato nel decidere di fare il percorso per intero, scartando categoricamente l’ipotesi di partire da una tappa intermedia o di farne un pezzo alla volta, in periodi diversi. Penso che la bellezza dell’esperienza stia proprio nella lunghezza dell’itinerario e nel tempo che s’impiega per percorrerlo tutto.

 

Essendo distante dal mio amato Vulcano Etna e abitando a Napoli, dove per vari motivi non ho avuto la possibilità di andare in montagna, per allenarmi al Cammino ho dovuto limitare la mia preparazione a dei trekking urbani.

Ad ogni uscita, ho percorso itinerari di una ventina di chilometri alla volta, che mi sono serviti anche per conoscere zone del capoluogo campano da me ancora inesplorate.

Partendo sempre dal centro cittadino, la prima volta mi sono spinto fino a Torre Gaveta, oltre Pozzuoli, seguendo per sommi capi l’itinerario che compie la ferrovia Cumana. Più volte, invece, sono andato fino al bosco di Capodimonte, compiendo anche diversi giri al suo interno per darmi l’idea di non trovarmi in città. In un’altra occasione, invece, per allenarmi alla salita, sono arrivato fino all’Eremo dei Camaldoli, il punto più alto di Napoli, situato a circa 500 metri di quota.

Tutti i trekking preparatori per il Cammino li ho sempre fatti senza zaino, perché mi sarei sentito ridicolo, e anche molto osservato, se fossi andato in giro per la città con un fardello di parecchi chili sulle spalle.

Solo due giorni prima di partire per il Cammino di Santiago, quando finalmente ho riempito lo zaino e l’ho posto sulle mie spalle, mi sono reso conto della differenza che questo avrebbe fatto sui miei passi.

 

Inoltre, per completare il quadro, devo dire che sono partito nonostante una metatarsalgia al piede destro che, nel passato, mi ha causato dei dolori anche compiendo trekking di un solo giorno.

Nel periodo preparatorio al Cammino ho fatto diverse visite ortopediche ed esami specifici; ogni volta, però, il responso non ha dato alcuna indicazione per la soluzione radicale della patologia, appurando solo che il problema è generato non da difformità anatomiche del piede ma da un nervo plantare che s’infiamma quando cammino a lungo.

Pertanto, a conclusione di ogni visita fatta, il consiglio che mi ha dato ciascuno dei medici consultati è stato quello di astenermi dal compiere il Cammino di Santiago.

Per questi motivi, quando prima scrivevo che “a ogni passo ascolto il mio corpo” intendevo dire che cerco di sentire preventivamente l’insorgere di qualche malessere: modificando l’andatura, magari posso provare a evitare di arrivare a una fase più acuta del problema.

Tendiniti, vesciche, contratture e dolori di vario tipo, sul Cammino sono all’ordine del giorno e bisogna mettere in conto che con molta probabilità, a un certo punto e senza scampo, il pellegrino soffrirà a causa di uno, o più di uno, di questi problemi.

 

Per prevenire le vesciche, il suggerimento che seguo è quello di cospargere i piedi, ogni mattina, con abbondante vaselina; compiuta l’operazione, indosso quindi delle calze pulite anti vesciche, la cui caratteristica è di essere in spugna e senza cuciture. Infine, le scarpe tecniche che calzo sono un numero e mezzo più grandi della mia misura, in modo che il piede non tocchi in punta e non sia troppo costretto ai lati: le calze in spugna riempiono lo spazio in abbondanza e aiutano ad ammortizzare il passo.

 

***

Alle dieci e mezza sono a 1.055 metri d’altitudine a la Vierge de Biakorri (o Vierge d’orisson), chiamata anche Vergine dei pastori. Si tratta di un altro dei punti di riferimento di questa tappa pirenaica del Cammino: su una piccola altura si trova la statua della Vergine adornata di fiori, rosari, conchiglie e altri oggetti lasciati dai pellegrini di passaggio.

Mi concedo una pausa di una decina di minuti e ne approfitto per dare qualche morso al panino che ho con me.

 

Tra le scorte alimentari del giorno, ho anche della frutta secca che di tanto in tanto mangio al volo lungo il percorso.

Per quanto riguarda l’acqua, si trovano spesso fonti e fontanelle dove fare rifornimento. Come contenitori ho preferito due normali bottigliette di plastica, da mezzo litro ciascuna, anziché la borraccia tecnica che è più pesante: scegliere con attenzione quello che si mette nello zaino è l’attività più difficile da fare quando si compone il bagaglio, perché si perde di vista il fatto che i chili sono la somma di grammi.

 

La giornata continua a essere caratterizzata dal sole e dal cielo blu, libero da nubi. Soffia però un vento piuttosto forte che è abbastanza normale considerando l’altitudine.

Il paesaggio si è fatto un po’ più brullo ma è sempre di un verde bellissimo.

Sin qui ho percorso circa undici chilometri e quindi sono a poco meno della metà della tappa odierna.

Dopo la pausa, riprendo il mio cammino procedendo ancora in salita.

Lungo il percorso, parcheggiato sul ciglio della strada, c’è un camioncino attrezzato come punto di ristoro per i viandanti. Colgo l’occasione per comprare una banana: frutto indispensabile durante il Cammino come naturale integratore di potassio.

 

Sono passate da poco le dodici mentre giungo a circa 1.300 metri di quota: sono al Collado de Bearte, la collina dove passa il confine tra Francia e Spagna.

Qui incontro ancora una volta i due nuovi amici palermitani, Nicola e Rosario, insieme ai quali faccio una foto, a ricordo del mitico momento.

Mi fermo quindi per una decina di minuti alla Fontaine de Roland, dove bevo della buona acqua fresca di montagna e spizzico ancora qualcosa da mangiare. Da questo punto mancano otto chilometri per arrivare a Roncisvalle.

Una volta passato il confine sono in Navarra (Nafarroa, in basco), la prima delle quattro provincie spagnole attraversate dal Cammino francese.

 

Percorsi altri quattro chilometri e mezzo, alle tredici e trenta arrivo al tanto atteso Collado de Lepoeder, il punto più alto della tappa odierna che tocca i 1.430 metri.

Da questo momento la salita è finita e il percorso diventa tutta una discesa.

Già da qui si vede Roncisvalle e la sensazione che ho è di essere quasi arrivato a destinazione; invece mancano ancora tre chilometri e mezzo.

Da qui partono due percorsi alternativi, di cui uno è segnalato come “in forte pendenza”. Anch’io, come gli altri pellegrini che vedo passare, imbocco questo sentiero: la voglia di arrivare è tanta e non vedo l’ora di far apporre il secondo timbro sulla mia Credenziale.

Effettivamente la discesa è piuttosto ripida e mette a dura prova le ginocchia, anche perché la pendenza porta ad aumentare la velocità.

 

Finalmente posso apprezzare l’utilità dei bastoncini da trekking, che mi permettono di gestire l’equilibrio basandomi su quattro punti d’appoggio.

Non li ho mai utilizzati prima di questa occasione e mi sono convinto a prenderli solo perché fortemente consigliati. Durante il Cammino, i bastoncini diventeranno degli insostituibili compagni di viaggio: utili sia in discesa che in salita e di compagnia lungo la pianura.

 

In questa parte finale della tappa odierna, l’ambiente naturale cambia aspetto: il sentiero si snoda all’interno di un fitto bosco. Attraversarlo in estate deve essere un bel sollievo perché dopo aver camminato tanto col sole a picco, finalmente, il percorso diventa ombreggiato.

 

Alle 14:40 arrivo a Roncisvalle (Orreaga, in basco) e sono contentissimo sia per aver compiuto la tappa senza accusare alcun acciacco sia perché è stato un percorso veramente affascinante, che ricorderò tra i più belli del mio Cammino.

Per questo devo ringraziare non solo il clima ideale ma anche le ferrovie francesi. Infatti, se a Tolosa non fossi incappato nello sciopero dei treni, questa tappa l’avrei compiuta con un giorno d’anticipo. Dai racconti di altri pellegrini, ho saputo che la traversata dei Pirenei, di ieri, è stata piuttosto massacrante, per via del cattivo tempo: pioggia e nebbia hanno impedito ai viandanti di godere della bellezza del percorso.

 

Dopo sette ore e quaranta minuti di cammino sono giunto nell’Albergue de Peregrinos della Collegiata dove, finalmente, posso mettermi tranquillo sentendomi dire che c’è posto per dormire; devo solo attendere un poco prima di poter fare l’accettazione.

 

Mentre faccio la fila arriva anche Peppe, che ha percorso la via del fondovalle; con lui, c’è anche Maria, piemontese di Alba, che da questo momento diventa un’altra amica con cui condividerò una buona parte del Cammino.

Solo dopo un po’ arriva anche Franco: sembra abbastanza provato e ci dice che da domani proseguirà senza il pesante zaino.

 

Camminare senza alcun peso sulle spalle, è possibile: un servizio organizzato lungo tutto il Cammino si occupa di trasferire gli zaini da una tappa all’altra, facendo pagare un corrispettivo di 5 Euro a tratta.

Al momento dell’accettazione mi viene assegnato il posto letto, che pago 10 Euro, e nel contempo prendo anche un buono per la cena, con altri 10 Euro.

Il timbro che viene messo sulla mia Credenziale lo sento come un meritato riconoscimento per la fatica compiuta ma, allo stesso tempo, mi rendo conto di quante sono le caselle vuote, ancora da riempire.

 

– L’ostello è molto bello! –

Pur trattandosi di un’antica struttura monastica, l’interno è stato ristrutturato di recente e pertanto è nuovo e pulito; le cuccette sono comode e c’è anche un armadietto privato con la chiave.

Le azioni che compirò a partire da questo momento, saranno le stesse che in linea di massima farò ogni giorno, dopo essere arrivato in ostello: doccia, bucato, spuntino, breve riposo, visita del luogo, cena, dormire.

 

Per quanto riguarda la doccia e il bucato utilizzo lo stesso panetto di sapone di Marsiglia che, contrariamente a quel che si pensa, è un ottimo detergente a base naturale anche per l’igiene personale, oltre che per lavare i panni.

Fare il bucato, significa in genere lavare solo tre pezzi: una maglietta, uno slip e un paio di calze.

Negli ostelli ci sono sempre “lavadora” e “secadora”, macchine a gettoni per lavare e asciugare i panni. Utilizzarle però solo per poche cose non ha molto senso e quindi spesso si opta per il lavaggio a mano; di conseguenza, il bucato viene steso sul filo con la speranza che il giorno dopo sia asciutto.

Magliette tecniche e slip senza cuciture si seccano abbastanza facilmente ma le calze spugnose fanno fatica ad asciugarsi in una sola notte, specialmente se il tempo è umido.

Fatta la doccia ci si riveste con gli indumenti puliti che poi saranno l’abbigliamento del giorno dopo.

 

***

Dopo un breve riposo, vado un po’ in giro, anche se i piedi e le gambe non sono molto d’accordo.

Roncisvalle, oltre a essere uno dei luoghi più antichi e significativi per i pellegrini che da più di mille anni si recano a Santiago de Compostela, è legata all’epica battaglia in cui l’esercito di Carlo Magno fu annientato in una imboscata tesa dai baschi.

Comincio la visita del piccolo centro storico con l’edificio più emblematico, la iglesia Collegiata de Santa María: la costruzione risale al XIII secolo ed è uno dei migliori esempi di gotico della Navarra. Al suo interno, posta nel presbiterio, c’è la statua in oro, argento e diamanti della Vergine di Roncisvalle che tiene in braccio un tenerissimo bambino Gesù.

A seguire vedo la Capilla de Sancti Spiritus, conosciuta anche come Silo di Carlo Magno; la costruzione, a pianta quadrangolare e con la copertura a forma di piramide, è considerata il più antico edificio di Roncisvalle. Si suppone, che la cappella sia stata eretta per ordine del re franco per seppellire Rolando e gli altri cavalieri uccisi nella battaglia di Roncisvalle nel 778 d.C.

 

***

Con il buono acquistato per la cena, alle diciannove mi reco al ristorante indicato, situato a poca distanza dal complesso monastico della Collegiata.

Mi siedo al tavolo insieme a dei pellegrini che non conosco, tra i quali c’è Fernando, un argentino di settantanove anni dal fisico atletico; questo mi racconta, con tanto di documentazione fotografica, della sua recente maratona compiuta in Perù, nella zona di Machu Picchu.

Dopo questa sera, incontrerò Fernando molte volte ancora e sarà sempre un piacere scambiare quattro chiacchiere con lui. Lo vedrò avanzare con passo sicuro, ritmato e svelto e ogni volta mi supererà regolarmente scomparendo presto dalla mia vista. Dico questo per sottolineare la vigorosità del personaggio e non per un discorso di competizione.

Come lui, incontrerò tanti altri pellegrini suoi coetanei che percorrono il Cammino con lo stesso spirito e determinazione.

 

Il “menù del pellegrino” di questa sera, con trota come secondo piatto e vino incluso, l’ho trovato più soddisfacente rispetto a quello di ieri, considerando anche il costo più economico.

 

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Alle venti, ritorno nella chiesa della Collegiata per la messa della sera.

In coda alla funzione viene impartita la benedizione ai pellegrini.

Il rito, nell’ambiente gotico della chiesa illuminato da luci soffuse, è molto suggestivo e mi sembra come se, in un attimo, una macchina del tempo mi avesse catapultato nel Medioevo.

Al termine della messa, uno dei tre preti che hanno celebrato, tolto l’abito talare, si offre di farci da guida per visitare il complesso religioso. Così, oltre alla chiesa, vedo anche la cripta a forma pentagonale, il chiostro e la sala capitolare, chiamata anche Torre de San Agustín, con la tomba del re navarro Sancho VII il Forte, caratterizzata da una enorme statua dello stesso regnante.

L’interessante visita si conclude intorno alle ventuno e trenta.

 

Dopo aver passato circa un’ora e mezza in ambienti in penombra, uscendo all’esterno mi sorprende che ci sia ancora la luce del giorno. Questa condizione sarà la normalità durante tutto il Cammino e presto mi abituerò ad andare a dormire con la luce e a svegliarmi col buio.

© Aldo Lardizzone 2020 Licenza Creative Commons CREATIVE COMMONS

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