Passo dopo passo sul Cammino di Santiago
Da Barbadelo a Gonzar
8 giugno 2018
Tappa 29 – Km. 26
Se dovessi basarmi sulle tappe classiche che scandiscono il Cammino francese, l’itinerario di oggi, che è prevalentemente in discesa, sarebbe lungo appena diciotto chilometri mentre quello di domani, che presenta continui saliscendi, di chilometri ne arriverebbe a contare circa quaranta.
Fatta una veloce valutazione, mi sembra opportuno riequilibrare i due percorsi, optando per la media della lunghezza totale. Pertanto porto a ventisei chilometri la tappa di oggi, prolungandola fino a Gonzar, e riduco a trentadue quella di domani, rendendola così un tantino meno impegnativa.
La decisione è presto presa, dal momento che anche Rocco è d’accordo e non ci sono altre persone che stamattina partono insieme a noi.
Ci mettiamo in cammino alle 7:00, un po’ dopo rispetto all’orario di partenza dei giorni passati.
Il motivo del ritardo è da imputare alla colazione che facciamo nella struttura dove abbiamo pernottato. Come si può immaginare, consumare il primo pasto della giornata comodamente seduti a tavola, ci porta via più tempo rispetto a quando mangiamo qualcosa al volo. Almeno per oggi ci concediamo questo piccolo lusso, visto che comunque la colazione è inclusa nel prezzo.
Mentre usciamo da Barbadelo, le stesse vacche che ieri abbiamo visto far ritorno in stalla, già a quest’ora del mattino le ritroviamo accovacciate sul prato.
Il bianco e il nero dei loro mantelli pezzati, tipici delle frisone, aggiungono tonalità e contrasto al paesaggio naif, nel quale domina in prevalenza il verde.
Al nostro passaggio, i simpatici bovini rimangono impassibili e ci fissano con uno sguardo misto tra l’assonnato, l’indifferente e l’interrogativo.
Il clima si presenta freddo e c’è la solita foschia.
Ci da il buongiorno anche qualche goccia di pioggia; per il momento però non ci facciamo intimidire e lasciamo il poncho dentro allo zaino.
Con i muscoli ancora freddi, la primissima parte del percorso, leggermente in salita, ci fa arrancare un poco.
Le strade trafficate dai rombanti mezzi a motore sono ben distanti dall’itinerario che stiamo seguendo e, ancora una volta, possiamo godere appieno della rigogliosa natura della Galizia.
L’alternarsi di boschi, fitti e impenetrabili, e di vasti campi aperti, rivelano a ogni passo ambienti naturali sempre nuovi e sorprendenti.
Camminare in mezzo a questi scenari è un tripudio di sensazioni che arrivano all’anima attraverso i sensi: l’odore dell’aria umida, impregnata delle fragranze degli alberi; il tocco del muschio, compatto e soffice, ampiamente diffuso su tronchi e rocce; il suono delle foglie, che crepitano al nostro passaggio; la vista dei torrenti, le cui acque scorrono lente ma decise a raggiungere il mare.
Attraversiamo diversi ponti, alcuni in pietra e di antica fattura mentre altri, più fatiscenti, sono delle semplici passerelle in legno.
In queste zone, la presenza dell’uomo si limita a piccolissime frazioni composte da poche case rurali costruite in ardesia.
Qui in Galizia, si vedono spesso in prossimità di case e di fattorie delle singolari costruzioni in pietra, tipiche della regione.
Sono chiamate “hórreos” e altro non sono che dei locali di stoccaggio per fieno e cereali.
La loro forma è quella di un parallelepipedo stretto e alto, con delle feritoie sulle pareti laterali che creano una specie di griglia; questa caratteristica permette all’aria di passare all’interno del vano e mantenere asciutto il contenuto.
Come delle palafitte, gli “hórreos” sono distanziati dal terreno. In questo modo i prodotti stoccati sono protetti sia dall’umidità che dai topi.
Di queste costruzioni se ne vedono tantissime e sono tutte abbastanza simili nella forma.
La differenza tra l’uno e l’altro la fa la dimensione, il materiale utilizzato e il grado di rifinitura; caratteristiche queste che evidenziano il tenore di vita della famiglia proprietaria: alcuni “hórreos” sono molto semplici e grezzi mentre altri sono ben rifiniti e realizzati con pietre nobili.
In un primo momento, agli occhi di noi profani, gli “hórreos” sono sembrati delle piccole cappelle votive, per via di croci e di altri simboli religiosi posti sul tetto spiovente.
***
Sono le nove e quindici mentre attraversiamo Ferreiros.
Uscendo dal paesino passiamo davanti alla igrexa de Santa María de Mirallos, piccola chiesa impreziosita da un bel portale romanico.
La costruzione, situata in origine nel paese vicino, è stata trasferita qui nel 1790, smontando e rimontando ogni singola pietra nel rispetto dell’architettura originale del XII secolo.
Lungo il percorso, una dopo l’altra, le pietre miliari indicano i chilometri che mancano per arrivare a Santiago de Compostela.
Il numero si assottiglia sempre più, man mano che avanziamo, e sembra quasi il conto alla rovescia scandito prima che arrivi il nuovo anno o che parta un razzo per lo spazio: – meno dieci; meno nove; meno otto, meno sette … –
Una decina di minuti dopo Ferreiros, ecco che giungiamo alla pietra miliare che segna 100 chilometri esatti alla meta finale.
Anche questo è un momento molto gratificante, sia per i tanti sforzi che abbiamo fatto per arrivare a questo punto sia per quanto è ormai prossimo il compimento del Cammino.
Per celebrare il risultato fin qui raggiunto, non manchiamo di posare accanto al cippo, per la foto di rito.
La sosta dura qualche minuto e subito riprendiamo a camminare.
Il numero a due cifre che adesso leggo sulle pietre miliari mi dà ancora più carica per andare avanti, soprattutto se ripenso al cartello stradale posto all’uscita di Roncisvalle che segna ben 790 chilometri per Santiago de Compostela.
Da Ferrerios in poi, il percorso è una discesa continua fino a Portomarín e i bei paesaggi naturali sono ancora gli scenari che caratterizzano il Cammino.
A pochi chilometri di distanza l’uno dall’altro, incontriamo ancora diversi piccoli centri rurali.
È poco prima di As Rozas che davanti a una casa vediamo un banchettino incustodito sul quale sono esposte tante piccole cose da mangiare: brioches, yogurt, uova sode, frutta, bevande e altro ancora.
Non c’è nessuno che sovraintende e che controlla quel che i passanti prendono liberamente.
Solo un piccolo cartello responsabilizza gli avventori, riportando la scritta “No es gratis, es donativo”.
Come al solito la decisione è libera e chi prende qualcosa lascia del denaro a propria scelta.
Poco più avanti, troviamo un altro punto di ristoro dedicato ai viandanti del Cammino. Questa volta, però, è predisposto nell’androne di una grande casa patronale.
Qui l’accoglienza è ancor meglio organizzata.
Oltre ai prodotti confezionati, le signore della casa cucinano frequentemente delle pietanze preparate con ingredienti locali e biologici: “empanada”, “caldo gallego”, tortilla e crêpe; inoltre affettano di continuo vari tipi di gustosi salumi.
A disposizione dei viandanti, anche delle sedie dove riposare per qualche minuto e il bagno per chi gli scappa un bisognino. Sorrisi e gentilezza sono elargiti in abbondanza a tutti i pellegrini.
Ovviamente, anche in questo caso, non ci sono prezzi esposti ma è dichiaratamente atteso il solito “donativo”.
Sono le dodici spaccate mentre arriviamo a Portomarín.
Nonostante la decisione di non terminare qui la tappa di oggi ma di proseguire fino a Gonzar, vogliamo comunque dare un’occhiata alla cittadina.
Portomarín è popolata da quasi duemila abitanti e comprende alcuni monumenti storici di particolare interesse.
L’antico centro abitato, formato da borghi medievali, è andato sommerso quando nel 1962 è stata costruita la diga di Belesar. Prima che questo accadesse sono state salvate le costruzioni più importanti: scomposte, pietra dopo pietra, dopo sono state rimontate nella nuova cittadina, costruita su una collina poco distante dal sito originario.
Nelle stagioni più asciutte, quando le acque della diga calano di livello, si vedono riemergere le parti sommitali di alcuni degli antichi edifici.
Per accedere a Portomarín passiamo il lungo ponte moderno sul río Miño. Subito dopo questo, un’antica scalinata in granito, lunga e molto inclinata, porta alla capilla de a Virxe das Neves.
Per realizzare la cappella è stato utilizzato l’unico arco che è stato salvato dell’antico ponte medievale; invece le altre arcate della storica struttura sono andate perdute con la costruzione della diga.
Raggiunto il centro cittadino, siamo nella praza Conde Fenosa, dove si trova la igrexa de San Nicolás.
L’edificio religioso, che appartenne all’ordine di San Giovanni di Gerusalemme, ha l’aspetto di una fortezza a forma squadrata, quasi cubica, ed è uno degli edifici romanici più impressionanti di tutta la Galizia.
L’austera facciata è movimentata dal portale d’ingresso riccamente decorato e dal sovrastante rosone a disegni geometrici.
All’interno, la chiesa si compone di un’unica navata con volta a botte e un’abside semicircolare.
A seguire vediamo la igrexa de San Pedro.
La chiesa, risalente al X secolo, ha mantenuto lo stile romanico anche dopo la sua traslazione dall’antica Portomarín alla posizione attuale.
Mentre andiamo via dalla cittadina, incontriamo Giovanna e Amandine.
Entrambe sono decise a far tappa qui a Portomarín ma, dopo aver parlato con me e Rocco, cambiano idea e si rimettono in cammino insieme a noi.
Fuori da Portomarín, la natura torna a essere la protagonista assoluta del nostro Cammino verso Santiago de Compostela.
Quest’ultimi otto chilometri si svolgono in salita. Tra Portomarín e Gonzar si registra un dislivello di circa 150 metri.
Appena fuori dal centro abitato, la pioggia riprende a cadere e ci accompagna per buona parte della tratta.
Dopo aver percorso i ventisei chilometri dell'odierno itinerario, alle 15:00 siamo a Gonzar.
Nel corso di questa tappa abbiamo notato una maggiore presenza di pellegrini: il flusso di gente in cammino è aumentato parecchio per via di coloro che compiono gli ultimi cento chilometri partendo da Sarria.
Secondo le statistiche, questi sono quasi un terzo dei 330.000 pellegrini che ogni anno arrivano a piedi a Santiago de Compostela.
Di conseguenza, in quest’ultima parte del Cammino francese anche gli alloggi sono maggiormente affollati.
Qui a Gonzar troviamo posto senza alcun problema. Questa è una piccola località intermedia che i pellegrini prendono poco in considerazione per fermarsi a dormire.
Alloggiamo nel Refugio della Xunta de Galicia, l’ostello comunale che dispone di soli ventotto posti letto.
Oltre questo, in zona c’è solo un’altra possibilità di sistemazione che è l’Albergue Casa Garsia, una struttura privata che alloggia fino a quaranta persone.
Giunti a destinazione svolgiamo le solite attività del dopo tappa e intanto che aspettiamo la fine del ciclo del bucato, in un bar nei pressi dell’ostello facciamo un aperitivo insieme ad altri pellegrini.
Mentre fuori piove a dirotto, risate e chiacchiere multilingua riscaldano l’ambiente e ci aiutano a riempire il nulla che c’è tutt’attorno.
Il consueto giro turistico del pomeriggio, che facciamo non appena spiove, ci conferma che anche in questo caso il paese non esiste. L’unico monumento degno di una minima attenzione è la piccola chiesa barocca intitolata a Santa María de Gonzar.
A sera, ceniamo a Casa Garcia, dove il “menù del pellegrino” costa 10 Euro.
Come primo, prendo ancora una zuppa di lenticchie. Continuo quindi con un bel trancio di salmone alla piastra e concludo con una fetta di torta gelato fatta dalla casa.
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