Passo dopo passo sul Cammino di Santiago 

Da Castrojeriz a Frómista

25 maggio 2018
Tappa 15 – Km. 25

Il monumento in pietra su l’Alto de Mostelares
Il monumento in pietra su l’Alto de Mostelares

 

 

Come ho già detto, fare tappa qui a Castrojeriz è stata una scelta tattica, in modo tale da abbreviare, di quasi dieci chilometri, il percorso che affronteremo quest’oggi.

 

Dopo aver fatto colazione con brioches e succo di frutta, acquistati ieri al supermercato, lasciamo l’ostello alle 6:30, con i primissimi bagliori del giorno.

Per mangiare qualcosa di più consistente penso che passeranno almeno un paio d’ore prima di arrivare al prossimo centro abitato.

Stamattina fa più freddo del solito e posso presumere che durante la notte abbia pure piovuto, visto che a terra è tutto bagnato.

Il cielo non promette nulla di buono e con molta probabilità prenderemo la pioggia durante la giornata.

 

Subito dopo Castrojeriz il percorso è piatto e sterrato.

Superiamo il río Odra passando sul puente largo de Bárcena, un ponte medievale in pietra, basso, stretto e lungo, composto da svariate arcate.

Al giorno d’oggi, il ponte risulta quasi invisibile a chi vi passa sopra: non ha parapetti laterali, la parte calpestabile è terriccio e le erbacce ne hanno preso il possesso.

Io stesso mi accorgo di aver camminato sopra un ponte, solo dopo averlo attraversato.

 

Poco più avanti c’è da superare un picco che tocca i 930 metri d’altitudine e che interrompe momentaneamente la “meseta”: è l’Alto de Mostelares.

La salita non è impegnativa e nemmeno molto lunga ma è l’inclinazione del tratto che toglie un tantino il fiato: sono quasi centocinquanta metri di dislivello in meno di due chilometri, con una pendenza del dodici percento.

Giunti in alto, scopriamo un monumento in pietra.

Di fianco, c’è anche una croce in ferro sulla quale sono appesi cenci vari e altri simboli lasciati dai pellegrini di passaggio; alla sua base non manca il consueto cumulo di pietre e anche una serie di oggetti di diverso tipo, evidentemente significativi per chi li ha lasciati: fotografie, cappellini, un paio di scarponi e anche uno zoccolo in gomma, di quelli con i buchi grossi, tipo “Crocs”.

Nonostante il forte vento, che spira piuttosto gelido, ci fermiamo qualche minuto per riprendere fiato e scattare qualche foto, sia di noi accanto al monumento che dell’infinito panorama a trecentosessanta gradi.

Vediamo dall’alto la pianura da dove siamo giunti e, guardando verso ovest, possiamo avere anche un’anteprima dell’ambiente che andremo ad attraversare: è la cosiddetta Tierra de Campos, la sconfinata e stepposa meseta castigliana che percorreremo da adesso ai prossimi giorni. La vasta terra si presenta ai nostri occhi come un patchwork, composto da tanti appezzamenti di varie tonalità di verde.

 

La struggente desolazione della meseta dopo l'Alto de Mostelares
La struggente desolazione della meseta dopo l'Alto de Mostelares

L’Alto de Mostelares si estende in piano per una brevissima lunghezza e subito dopo si scende di un centinaio di metri; questa volta però con una pendenza maggiore rispetto alla salita.

 

Al termine della discesa, avanziamo lungo un tracciato sterrato, piatto e dritto, che attraversa un ambiente spoglio, senza vegetazione ad alto fusto: le coltivazioni a cereali sono il leitmotiv che accompagna il nostro cammino.

– Nella sua struggente desolazione rimane comunque un paesaggio affascinante e “bellissimo”! –

 

Il cielo si mantiene ancora coperto ma posso sperare che non beccheremo la pioggia, dato che in lontananza vedo degli squarci tra le nuvole.

– Con questa ampia visione che offrono le “mesetas”, le previsioni del tempo si possono fare benissimo a occhio nudo. –

 

Camminiamo per un’ora e mezza, senza notare sostanziali variazioni nel paesaggio che attraversiamo.

 

L’hospital de Peregrinos san Nicolás de puente Fitero
L’hospital de Peregrinos san Nicolás de puente Fitero

Intorno alle nove siamo all’hospital de Peregrinos san Nicolás di puente Fitero, un ostello situato in un angolo sperduto della Castiglia, fortemente voluto, realizzato e gestito da italiani che fanno capo alla Confraternita di san Jacopo di Compostella, con sede a Perugia.

L’ostello è stato realizzato dagli stessi confratelli che hanno riattato la chiesa abbandonata di San Nicolás, costruita originariamente in stile romanico/gotico.

L’accoglienza e l’assistenza dei pellegrini sta alla base della missione per cui è sorta la semplice struttura, che rimane aperta da giugno fino a ottobre.

Sono tanti i pellegrini, di tutte le nazionalità, che si fermano qui trovando da dormire e da mangiare.

Ogni sera a San Nicolás, sotto la meravigliosa abside medievale, si compie il rito della lavanda dei piedi; la tradizione, perpetuata dal Medioevo, è da sempre una pratica igienica che, allo stesso tempo, è carica di simbolismo cristiano.

A seguire, si recita una preghiera affinché il pellegrino possa trovare la forza per compiere il suo cammino fino a Santiago de Compostela e infine, alla luce delle candele, si consuma la cena preparata dai confratelli, che svolgono anche il compito di “hospitaleros”.

 

A sovraintendere l’ostello troviamo tre signori italiani.

Ci accolgono gentilmente, offrendoci un caffè, e ci raccontano come è nata la struttura e come si fa a diventare “hospitaleros” volontari: solo chi ha compiuto, almeno una volta, l’intero Cammino di Santiago può avanzare la richiesta alla Confraternita, a Perugia, dando la propria disponibilità per coprire un turno di quindici giorni.

Prima di concludere la piacevole pausa, facciamo apporre sulle nostre credenziali il timbro della Confraternita.

Un centinaio di metri più avanti giungiamo al río Pisuerga, fiume che segna il confine tra le province di Burgos e di Palencia.

Per attraversare il corso d’acqua passiamo sul puente Fitero, uno dei ponti più belli e più lunghi che s’incontrano lungo il Cammino di Santiago: situato nel municipio di Itero del Castillo è stato realizzato all’inizio del XII secolo in stile romanico e successivamente rimaneggiato nel periodo gotico.

Al giorno d’oggi, il ponte costruito in pietra, mostra sette delle undici arcate originarie ma, nonostante ciò, mantiene lo stesso fascino e la stessa importanza strategica che già aveva nel Medioevo, tanto da essere più volte citato nel famoso Codex Calixtinus.

 

Il “Liber Sancti Jacobi”, conosciuto come Codex Calixtinus, è un’opera del XII secolo attribuita al papa Callisto II. Si tratta di un insieme di cinque libri che raccolgono dei testi scritti in latino in epoche diverse, di cui l’ecclesiastico Aymeric Picaud curò la raccolta, l’ordinamento e la revisione dei testi originali.

Nei libri si parla della spiritualità e degli aspetti pratici del pellegrinaggio; dei miracoli dovuti all’intercessione dell’Apostolo; del trasporto del corpo di San Giacomo dalla Terra Santa alla Galizia; dell’abitudine degli antichi pellegrini di raccogliere delle conchiglie una volta giunti sulle spiagge galleghe; dell’apparizione in sogno di san Giacomo a Carlomagno, incitandolo a liberare la sua tomba dai mussulmani, indicandogli “un cammino di stelle” come direzione da seguire; dell’epica battaglia di Roncisvalle e della morte di Orlando.

Ma il libro più famoso è il quinto, “Liber Peregrinationis” o anche “Guida del pellegrino”, che è un racconto fedele dei pellegrinaggi del XII secolo.

 

***

Una volta passato il puente Fitero siamo nella provincia di Palencia e dopo un chilometro e mezzo giungiamo a Itero de la Vega.

Da qui in poi, la monotonia del paesaggio e un’incessante pioggia ci accompagnano lungo la via jacopea per otto, interminabili, chilometri fino alla prossima località.

 

Giunti a Boadilla del Camino vediamo la principale chiesa del paese, la iglesia de Nuestra Señora de la Asunción costruita su un’antica chiesa romanica tra il XV e XVI secolo. Al momento è chiusa e pertanto non possiamo visitare l’interno, particolarmente interessante per l’arte e la storia.

Nei pressi della stessa chiesa, nella piazza principale, c’è il Rollo Gótico Jurisdiccional, simbolo di indipendenza della magistratura del paese. Il monumento, realizzato nel XV secolo, è costituito da una base circolare a cinque gradini, dal cui centro si erge una colonna di tre metri e mezzo, riccamente decorata con vari motivi di ispirazione jacobea.

Nel passato, il Rollo veniva utilizzato sia per la pubblica esecuzione dei condannati che per incatenarvi gli incriminati di reato in attesa di giudizio, esponendoli così alla pubblica gogna.

 

***

Con oggi, sono al quindicesimo giorno consecutivo di cammino e se considero che le tappe fino a Santiago de Compostela sono trenta, posso dire che sono esattamente a metà del numero dei giorni per compiere l’intero Cammino.

Fino a questo punto, sono molto soddisfatto della mia tenuta fisica.

Nel passato, pensando a questo particolare itinerario, ho spesso avuto il dubbio di non riuscire nell’impresa.

Ho sempre fatto dei trekking, anche lunghi e faticosi ma, in genere, non sono mai durati più di uno o di due giorni. Al massimo, ho camminato per quattro giorni consecutivi in due differenti itinerari, a distanza di molti anni tra l’uno e l’altro: il primo mi ha portato ad attraversare le quattro valli che vanno da Menaggio, sul lago di Como, a Lugano, sull’omonimo lago svizzero; mentre il secondo, in Nepal, si è svolto, ai piedi del Macchapucchare partendo da Pokhara.

Pensando al Cammino di Santiago mi sono sempre chiesto quale potesse essere la reazione del mio fisico sottoponendolo a un impegno di così tanti chilometri, camminando tutti giorni, per più di un mese.

Alla fine eccomi qui, sono già due settimane che vado avanti e, passo dopo passo, di chilometri ne ho già percorsi circa 330: a parte la normale stanchezza accumulata dopo un lungo tragitto, devo registrare l’assenza dei dolori più comuni che colpiscono i viandanti, come le tendiniti alle caviglie e alle ginocchia.

Anche sulle tanto temute vesciche, che sono il supplizio di molti pellegrini, non ho molto da dire, a parte una piccola bolla sotto il piede destro, di cui ho già raccontato, che però si è risolta velocemente in un paio di giorni.

Ormai, svegliarmi presto al mattino e, poco dopo, mettermi in cammino per percorre un bel numero di chilometri, è diventata un’abitudine: un comportamento naturale che mi gratifica con i paesaggi e le località che attraverso e col raggiungimento della tappa del giorno.

– A questo punto comincio a pensare di essere Superman! –

Anche se di questi supereroi ce ne sono, ce ne sono stati e ce ne saranno, tantissimi altri, faccio bene a pensare di provenire dal pianeta Krypton perché il Cammino di Santiago lo si deve affrontare con la testa e con la forza interiore, prima ancora che con le gambe e con i piedi.

Ho fatto questa lunga premessa perché quanto ho appena detto vale fino a oggi; anzi, vale fino a questo preciso istante.

Infatti, inaspettatamente e da un momento all’altro, mentre cammino accuso delle dolorose fitte in entrambi gli stinchi, ovvero quella parte delle gambe che va dalle ginocchia alle caviglie.

È come se, all’improvviso, nel mio sistema si fosse accesa una spia rossa lampeggiante e una sirena stridente lanciasse un prolungato segnale d’allarme, indicandomi che qualcosa si è rotto dentro di me.

Tra tutti i possibili acciacchi, che avevo messo in conto di patire per lo sforzo prolungato del Cammino, non ho mai pensato che mi si potesse presentare un problema agli stinchi; tra l’altro, posso dire di non averne mai sentito parlare prima d’oggi.

Non riesco nemmeno a spiegarmi, come mai questi dolori si siano presentati proprio adesso, considerando che il percorso di oggi non presenta alcuna difficoltà. A parte la salita e la discesa dell’Alto de Mostelares di stamattina, per il resto il tragitto è stato sempre piatto e su terreno battuto.

 

***

Sono circa le dodici e trenta e ha smesso di piovere.

Decido intanto di fare una pausa qui a Boadilla del Camino: magari questi dolori sono solo passeggeri e un po’ di riposo risolve il problema.

Mi accomodo in un bar dove ci sono anche altri pellegrini, conosciuti e non, e prendo la solita tortilla che accompagno con un succo d’arancia spremuto al momento.

Nel frattempo mi tolgo le scarpe, mi massaggio le parti doloranti e faccio un po’ di stretching: tutte attività che però risultano vane dato che i dolori persistono.

La tentazione è di terminare qui la tappa odierna; invece la forza di volontà mi spinge a ripartire per percorre i sei chilometri che mancano a Frómista, l’arrivo programmato per oggi.

 

Mi avvio lentamente dicendo agli amici, Rocco e Dante, di non aspettarmi e di andare pure avanti: d’altra parte, così come ho già avuto modo di dire, è bene che ognuno cammini con il proprio passo, senza accelerare o rallentare in funzione dell’andatura degli altri.

 

Spero di arrivare presto, fare una doccia calda e rilassante e tenermi il pomeriggio per riposare.

 

Il percorso è sempre completamente piatto e su terreno sterrato; la buona notizia è che non piove più, anche se il cielo rimane coperto.

Nonostante i dolori, tengo un passo abbastanza sostenuto, tanto che i due fidi amici non sono molto più avanti di me. Riesco a vederli in lontananza perché sono facilmente riconoscibili: Dante ha il k-way azzurro e si contraddistingue per il carrellino che traina costantemente; Rocco, invece, indossa un poncho rosso svolazzante che gli copre sia lo zaino che ha sulle spalle sia lo zainetto che porta d’avanti, facendolo assomigliare al Gabibbo, così come gli abbiamo detto scherzosamente alcune volte.

 

Un paio di chilometri dopo Boadilla del Camino, il percorso intercetta il canal de Castilla; si tratta di una importante opera idraulica costruita nel Settecento come via d’acqua per la comunicazione e il trasporto dei cereali e di altre merci verso la Cantabria, risolvendo il problema dell’isolamento della meseta castigliana.

Ai giorni nostri, il canale è una grande attrazione, grazie a eventi sportivi, escursioni e turismo naturale.

 

Cammino fiancheggiando il canale, praticamente fino alla conclusione della tappa.

L’ambiente è molto bello: ai lati del naviglio c’è una lunga fila di alberi che si rispecchiano nelle verdi acque; anche la colonna sonora che accompagna il mio avanzare non è male, composta dal ripetuto gracidio di rane e rospi.

 

Poco prima dell’ingresso a Frómista, il canale presenta un’opera d’ingegneria idraulica del passato, un pezzo da museo a cielo aperto, ancora oggi perfettamente funzionante e utile allo scopo. Si tratta di una chiusa che permette, con un salto di quattro livelli, per un totale di oltre quattordici metri, di compensare una differenza d’altezza del canale.

 

Alle 14:00 eccomi giunto all’Albergue municipal de peregrinos di Frómista, situato di fronte alla cattedrale.

 

Dopo aver fatto la doccia, mangiucchiato qualcosa dalle scorte personali e prima di distendermi sul letto, spalmo sulla parte dolorante delle gambe una pomata per tendiniti, che ho nella mia “farmacia da viaggio”.

Riposo fino al tardo pomeriggio e dopo, non potendo esimermi dal visitare la cittadina, nonostante i dolori persistenti, alle diciotto esco per fare un giro.

– Oltre al richiamo turistico che mi spinge a rimettermi in cammino, devo anche trovare un posto dove cenare, anche perché l’appetito non mi manca. –

 

Frómista. La cattedrale di San Martin
Frómista. La cattedrale di San Martin

La cattedrale di San Martin è molto bella, oltre che per le fattezze architettoniche, anche per la sua posizione al centro dell’ampia piazza che la circonda.

Tra l’altro, dato che pioviggina, l’immagine è ancora più suggestiva grazie all’effetto specchio creato dalla pavimentazione bagnata, che riflette in modo speculare la struttura dell’edificio; questa momentanea particolarità avvantaggia la macchina fotografica nello scatto di una bella foto.

La chiesa, edificata nel 1066, originariamente facente parte di un convento benedettino, è uno degli edifici più belli e rappresentativi del romanico spagnolo della provincia di Palencia.

Sin dalle sue origini ha rappresentato un luogo di ritiro spirituale per i pellegrini diretti a Santiago de Compostela

La cattedrale, è caratterizzata esternamente da due torri cilindriche poste agli angoli del frontone, mentre l’interno (visitabile pagando 1 Euro) si distingue per la suddivisione in tre navate, tutte coperte da volte a botte tonde e archi trasversali. Un bel crocifisso gotico di grande valore, del XIII secolo, lo si può ammirare sull’altare centrale.

 

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Continuando il giro turistico del centro cittadino, vediamo la facciata rinascimentale della chiesa di Santa María del Castillo e, subito dopo, ci dedichiamo ai meri problemi del quotidiano: facciamo la spesa per domani in un supermercato e nel frattempo cerchiamo un ristorantino dove cenare.

Valutiamo diversi locali, perché non tutti propongono il “menù del pellegrino” e sono anche più cari del solito.

Alla fine della ricerca, optiamo per un ristorante poco distante dall’ostello che offre un menù da 11 Euro. Da questo scelgo un’insalata mista, una buona trota e per finire un gelato di crema e cioccolato.

Terminata la cena vado subito in branda per mettermi a dormire; intanto i dolori alle gambe sembrano attenuati, nonostante il giretto fatto nel pomeriggio.

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