Passo dopo passo sul Cammino di Santiago 

Da Logroño a Nájera

18 maggio 2018
Tappa 8 – Km. 28

Logroño. Embalse de la Grajera
Logroño. Embalse de la Grajera

 

 

Anche quest’oggi ci sarà da camminare per quasi trenta chilometri.

A parte la lunghezza, la tappa non presenta particolari difficoltà nonostante il percorso sia in costante salita per più di due terzi: da Logroño, che si trova a una quota di 382 metri, si arriva ai 668 metri dell’Alto de San Antón. Da quel punto in poi, invece, sarà tutta una discesa fino a Nájera, scendendo di quota di poco meno di duecento metri.

 

Considerando i chilometri che dovrò percorrere, mi metto in cammino alle 6:30. Ormai sono abituato a svegliarmi presto e partire a quest’ora non mi pesa affatto.

 

L’uscita da Logroño è abbastanza lunga; questa volta, però, il percorso risulta più piacevole rispetto a quello che ho fatto ieri entrando in città.

Attraverso un bel parco cittadino dove vedo molte persone che fanno jogging e buffi scoiattolini che mi guardano incuriositi.

Un po’ dopo aver superato il parco, il percorso costeggia un lago artificiale; si tratta di una delle poche zone umide della regione: l’Embalse de la Grajera, un ambiente naturale molto bello con numerose specie vegetali e animali.

L’area comprende una parte dove si possono praticare attività ludiche e zone ad accesso interdetto per proteggere l’eco-sistema.

 

Al termine dell’Embalse de la Grajera, s’incontra un piccolo capanno in legno: è la ermita del Peregrino pasante; all’interno c’è un canuto signore, con lunghi capelli e folta barba, abbigliato come un pellegrino del passato.

Il suo nome è Marcelino Lobato Castrillo ed è un pellegrino che ha percorso innumerevoli volte tutti i cammini che portano a Santiago de Compostela, quindi non solo quello francese. Le volte sono state così tante che lui stesso non ricorda il numero esatto.

Marcelino è sempre pronto a far due chiacchiere con chi si ferma presso il suo capanno, offrendo aiuto e informazioni. Oltre ad acqua e frutta, sia fresca che secca, dispensa anche “bordoni” (i tipici bastoni dei pellegrini).

Per chi lo desidera ha anche un suo timbro personalizzato da mettere sulla Credenziale.

 

Fuori da Logroño, l’aspetto del paesaggio si presenta nuovamente agreste e adesso sono i campi coltivati a viti a susseguirsi uno dopo l’altro.

 

La nera sagoma del toro Osborne
La nera sagoma del toro Osborne

Lungo il percorso vedo su un’altura l’enorme sagoma nera del “Toro” che rappresenta il marchio Osborne, noto produttore di vini, brandy e sherry.

La figura, concepita inizialmente come un grande cartellone pubblicitario, con il tempo è diventata un simbolo culturale spagnolo, anche grazie al famoso film “Prosciutto prosciutto” di Bigas Luna.

 

Continuando il cammino vedo i ruderi di quello che è stato l’Antiguo Hospital de Peregrinos San Juan de Acre, costruito nel 1185 per curare i pellegrini.

Proprio accanto a questo sito, oggi sorge l’azienda vitivinicola Don Jacobo. Un cartello pubblicitario sul muro di cinta, che associa la produzione dei vini al Cammino, riporta che da questo punto mancano 576 chilometri a Santiago de Compostela; pertanto ne deduco che sono poco più di duecento quelli che ho percorso fin qui.

 

Stamani il cielo è coperto e i nuvoloni neri che vedo all’orizzonte non promettono nulla di buono. Fa freschino ma tutto sommato la temperatura è piacevole e facilita il camminare.

 

Navarrete. iglesia de Santa María de la Asunción.
Navarrete. La iglesia de Santa María de la Asunción.

Navarrete. Il retablo dell’altare maggiore in stile barocco nella iglesia de Santa María de la Asunción
Navarrete. Il retablo dell’altare maggiore in stile barocco nella iglesia de Santa María de la Asunción

Alle 9.40 giungo a Navarrete.

Nel primo bar che incontro ci sono gli amici spagnoli, Juanì e Salvador. Mi accomodo insieme a loro per fare una seconda colazione, o forse dovrei dire “pranzo” visto che prendo un bel pezzo di tortilla con pomodori, due pezzi di pane e succo d’arancia.

 

Fatto il pieno di carboidrati, adesso mi dedico alla visita di Navarrete.

Nella zona più alta del paese vedo la iglesia de Santa María de la Asunción, in stile rinascimentale.

Al suo interno, uno degli elementi più significativi della chiesa è l’imponente retablo dell’altare maggiore in stile barocco.

Molto spesso gli ambienti delle chiese sono in penombra; le luci vengono mantenute spente ma chi lo desidera le può accendere per qualche minuto inserendo una moneta da 1 Euro in una apposita cassettina.

Faccio il piccolo investimento per poter vedere meglio l’interno della chiesa che già così mi sembra piuttosto notevole. Una volta illuminato, il retablo dorato risplende magnificamente, tanto da lasciarmi a bocca aperta.

 

Superato Navarrete, dopo aver camminato per più di sei chilometri, arrivo a un bivio che indica un percorso alternativo del Cammino: è possibile continuare diritto oppure andare a sinistra e passare da Ventosa, un paesino dove ci sono svariate botteghe di artisti.

Questa seconda alternativa comporta allungare la tappa di un paio di chilometri.

La deviazione mi sembra un po’ forzata e studiata apposta per far passare, per scopi commerciali, il flusso di pellegrini dal piccolo paese che non è proprio sulla via per Santiago de Compostela. Fatta questa considerazione, al bivio decido di proseguire senza tener conto del percorso alternativo.

 

Alto de San Antón. Azienda vitivinicola
Alto de San Antón. Azienda vitivinicola

Intorno a mezzogiorno giungo all’Alto de San Antón, il punto più elevato della tappa di oggi. Passando da qui, costeggio l’azienda vinicola Vivanco.

 

Da questo punto fino all’arrivo, il Cammino si svolge lungo un percorso in lenta e costante discesa.

Finalmente sento un po’ di tepore e posso togliermi la giacca a vento e anche la felpa.

Il paesaggio, costellato da vigneti, non presenta zone d’ombra e pertanto il sole picchia un tantino: per la prima volta durante il mio Cammino, sento il bisogno di proteggere il viso con la crema solare.

 

– Buen camino! – Mi salutano due donne che avanzano al mio fianco.

– Igualmente para ustedes. – Rispondo io, per ricambiare.

Esauriti i saluti la domanda che segue è: – De donde eres? – e loro rispondono – Sudáfrica. ­–

– Che meraviglia! Ecco altre due persone che, per percorrere la via che porta a Santiago de Compostela, arrivano da un luogo ai confini del mondo. –

 

Una scritta a caratteri cubitali, che riempie la bianca parete esterna di una costruzione, informa i viandanti che “Peregrino: en Nájera, es nájerino”.

“Nájerino” nasce da un gioco di parole che fonde insieme “Nájera” (il nome dell’imminente paesino) e “peregrino”.

 

Percorro poche centinaia di metri ancora ed ecco che alle 13:30 giungo a destinazione.

Terminano così anche i sette chilometri di dolce discesa che dall’Alto de San Antón portano fin qui a Nájera.

Dopo l’ingresso in paese, attraversato l’antico Puente San Juan de Ortega a otto arcate che passa sopra il río Najerilla, per arrivare all’ostello cammino per altri venti minuti.

Il fiume divide il paese in due quartieri: il barrio antico a sinistra e quello moderno a destra.

 

Giunto all’Albergue de peregrinos de Nájera, gestito dall’Asociación de Amigos del Camino de Nájera, trovo l’ostello ancora chiuso e devo attendere una decina di minuti prima che apra alle quattordici.

Oltre me anche tanti altri pellegrini, tra cui molte facce conosciute, aspettano fuori dall’ostello.

All’apertura, i volontari che gestiscono la struttura, accettano gli ospiti secondo l’ordine di arrivo.

 

L’ostello municipale di Nájera ha un unico stanzone pieno di letti a castello; il colpo d’occhio mi ricorda un po’ l’immagine, purtroppo più volte vista in televisione, delle palestre che accolgono i terremotati dopo un drammatico evento sismico.

Qui fortunatamente lo spirito è positivo e le brande che traboccano di zaini, sacchi a pelo, asciugamani, vestiti e bucato steso ad asciugare, rendono l’ambiente festoso e colorato.

– Con tutta questa gente che dorme nello stesso ambiente chissà che bel “concerto” di russatori ci sarà questa notte! –

 

Nelle camerate degli ostelli è impossibile che non ci sia qualcuno che russi; pertanto, se si ha il sonno leggero, bisogna mettere in conto i “rumori” notturni e premunirsi di tappi per le orecchie.

Quando si cominciano a conoscere le persone, per quanto simpatiche e amichevoli possano essere da sveglie, le si evita come la peste durante la notte, tenendosi il più lontano possibile da loro.

 

***

Nel pomeriggio vado in giro con Rocco per la consueta visita turistica del paesino che ci ospita.

Nájera è caratterizzata dal fatto che si sviluppa sotto un imponente sperone di roccia rossa.

Per il resto il suo centro abitato non è particolarmente interessante fatta eccezione per il monastero di Santa María la Real del secolo XI.

L’edificio religioso è stato costruito per desiderio del re Don Garcia dopo che a lui stesso è apparsa la Madonna in una grotta vicina. Purtroppo la chiesa non è aperta e non riusciamo a visitarne l’interno ricco di ornamenti: tra questi, di particolare interesse, c’è da vedere nell’altare maggiore un bel retablo barocco con l’immagine romanica di santa María la Real e il panteón reale con i sepolcri di una trentina di sovrani della Navarra.

 

Per la cena organizziamo in ostello un bel tavolo internazionale composto da italiani, americani, sudcoreani e spagnoli, dove ognuno dispone e condivide le proprie pietanze.

Noi italiani prepariamo un’insalatona che comprende di tutto e di più e della buona pasta e ceci che cucino io.

Trovo divertente condividere i fuochi della cucina dell’ostello con tre ragazze sudcoreane.

Mentre cucino la mia deliziosa pasta e ceci, nel fornello accanto le sudcoreane fanno sbollentare una decina di spicchi d’aglio con conseguenti effluvi poco gradevoli che arrivano alle mie narici.

Per quanto mi tocca subire, manifesto scherzosamente il mio disappunto alla vicina di fornello; questa, stando allo scherzo, risponde disprezzando quel che bolle nella mia pentola.

È così che nasce la simpatica amicizia con le tre ragazze sudcoreane, dai nomi impossibili da ricordare.

 

Cucinare in ostello è sicuramente molto divertente e socializzante ma per il resto trovo che sia una fatica inutile, visto che il costo della spesa che suddividiamo è, più o meno, uguale al prezzo che si paga per un menù del pellegrino.

Il vantaggio di mangiare fuori è anche quello della varietà delle portate.

Infine, bisogna dire che la socializzazione c’è anche nei ristorantini dove, come negli ostelli, si formano tavolate composte da svariate persone.

 

Questa sera a tavola con noi ci sono anche Silvia di Venezia e Giovanna di Sassari: due giovani pellegrine che si sono conosciute sul Cammino e che stanno procedendo assieme.

Silvia ha programmato di concludere tra qualche giorno la sua esperienza a Burgos mentre Giovanna diventerà presto una costante compagna di viaggio mia e di Rocco.

 

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Giovanna ha ventisei anni ma ne dimostra qualcuno in meno data la corporatura minuta.

Ha da poco conseguito la laurea in giurisprudenza e subito dopo ha voluto confrontarsi con il Cammino di Santiago, esperienza nettamente in contrapposizione con quel che è stato il suo modo di vivere fino a oggi.

Racconta che quando decise di partire per compiere il Cammino, sua madre le disse – Farai la prima tappa e vedrai che quando arriverai a Roncisvalle piangerai e tornerai subito a casa. –

Invece Giovanna ha dimostrato carattere e determinazione e, nonostante tutti gli acciacchi patiti lungo il Cammino, non ha mai mollato e si è sempre arrangiata da sola, andando avanti imperterrita.

– La vedremo arrivare a Santiago de Compostela? … e dopo, raggiungerà anche a Finisterre? –

Come si suole dire, lo sapremo solo vivendo o meglio, solo leggendo questo racconto.

© Aldo Lardizzone 2020 Licenza Creative Commons CREATIVE COMMONS