Passo dopo passo sul Cammino di Santiago
Da Melide a Pedrouzo (O Pino)
10 giugno 2018
Tappa 31 – Km. 33
Inspiegabilmente, stamattina il mio orologio segnava un’ora in avanti e per questo, senza rendermene conto, mi sono alzato alle quattro e mezza.
Solo dopo un poco, mentre svolgevo i consueti preparativi prima della partenza, è stato Rocco a farmi notare che ero decisamente in anticipo.
Una volta appurata l’ora esatta, mi sono disteso nuovamente sul letto, provando a recuperare un po’ del sonno perduto.
Alle 6:20 lasciamo l’ostello con la consapevolezza che questa penultima tappa non sarà un semplice percorso di avvicinamento a Santiago de Compostela: la tratta richiederà un certo impegno sia per i trentatré chilometri da percorrere sia per i continui saliscendi che la caratterizzano.
Il cielo è nuvoloso ma le nubi che vediamo sopra le nostre teste non si mostrano molto minacciose. Per adesso la possibilità di pioggia sembra scongiurata ma, come ormai ho imparato, ogni evenienza è da tenere in conto perché tutto può cambiare nel giro di poche ore o a distanza di pochi chilometri.
Il gruppo con cui mi metto in cammino è sempre lo stesso.
Rocco, Giovanna e Amandine sono ormai compagni fissi mentre Giulia non è più con noi già da qualche giorno, avendo deciso di procedere con altri ritmi.
L’itinerario odierno si svolge in prevalenza su sentiero sterrato e si snoda in mezzo ai tipici boschi della regione: belli, fitti, verdi, umidi e silenziosi, così come i tanti che abbiamo già avuto modo di attraversare qui in Galizia.
Durante il Cammino, incontriamo altre macchie boschive composte da eucalipti. Anche se piuttosto esili, sono alberi molto alti; a occhio e croce stimo che raggiungano l’altezza di una trentina di metri e forse anche di più.
Mentre passo, guardo in alto con la vana speranza di avvistare qualche koala che si nutre delle verdi foglie dell’eucalipto, così come li ho visti in Australia; ma qui in Galizia, so bene che di questi teneri marsupiali non ce n’è alcuno e la mia è solo una “romantica” illusione.
Respiro profondamente l’aria impregnata del caratteristico profumo balsamico che oltre ad aprire i polmoni stimola anche la mente, rinfrescando le idee e favorendo la concentrazione.
Giunto quasi al termine del mio Cammino, mi viene spontaneo riavvolgere il nastro. Ripenso ai differenti ambienti naturali, concepiti ad arte da Madre Natura, che ho visto mutare man mano che sono andato avanti lungo la “Via” che porta a Santiago de Compostela.
Partendo da Saint-Jean-Pied-de-Port, non posso non ricordare la splendida tappa pirenaica che ho avuto modo di percorrere col favore del bel sole e del cielo terso. Durante quella giornata, mentre affrontavo una delle salite più impegnative di tutto il Cammino, ho potuto godere dei panorami mozzafiato sulle verdi vallate. Il dislivello della tappa è stato notevole: dapprima ho raggiunto la quota di 1.430 metri e dopo sono andato giù piuttosto rapidamente verso Roncisvalle; continuando poi in modo più graduale sono quindi arrivato a Pamplona.
Da qui in avanti le montagne sono diventate colline e i saliscendi lungo i pendii si sono fatti più dolci.
I campi coltivati a cereali sono stati il leitmotiv di questi territori mentre i filari di viti hanno preso il sopravvento nella provincia della Rioja, regione dedita alla produzione di buon vino.
Da Burgos fino a León, il paesaggio si è contraddistinto per caratteristiche completamente differenti, trasformandosi in una distesa piatta e spoglia, senza vegetazione ad alto fusto. Erano i territori delle cosiddette “mesetas”, gli interminabili altipiani che, d’estate e anche d’inverno, mettono a dura prova i pellegrini che le percorrono. I lunghi tratti nel nulla, che intercorrono tra un centro abitato e l’altro, possono diventare un vero supplizio per il viandante che ha la necessità di bere, di mangiare, di riposare, di riparare dal sole cocente estivo o dalle intemperie invernali.
Personalmente ho vissuto questi altipiani sotto un cielo in prevalenza nuvoloso, con frequenti scrosci di pioggia e con temperature abbastanza basse ma non rigide. Nonostante ciò, posso ritenermi fortunato perché grazie a queste condizioni metereologiche ho evitato il gran caldo.
I territori delle “mesetas” li ricordo anche come il periodo in cui ho sofferto per i forti dolori agli stinchi, durante il quale ho continuato a camminare senza concedermi alcun giorno di pausa.
Dopo tanta solitudine e tanto tempo per meditare, il panorama è mutato ancora, radicalmente: dopo gli altipiani sono riapparse le montagne, e questa volta sono quelle di León e del Bierzo. Qui ho superato diversi passi importanti, come quello del O Cebreiro, arrivando a 1.300 metri d’altitudine, e quello nei pressi de La Cruz de Hierro, toccando così il punto più elevato di tutto il Cammino, la quota di 1.500 metri.
Infine, l’ampia e rigogliosa valle del Bierzo ha fatto da preludio alla verde Galizia, ricca di fitti boschi. Gli stessi che sto attraversando in quest’ultima parte del Cammino e che mi accompagneranno prima a Santiago de Compostela e dopo fino all’oceano Atlantico, in quel lembo di terra dove nei tempi antichi si pensava che finissero le terre emerse.
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Abbiamo già camminato più di un’ora da quando stamattina siamo andati via da Melide.
Adesso siamo arrivati a Boente dove, davanti alla iglesia de Santiago, incontriamo il gruppo di amici spagnolo-colombiani, Roberto, Alexandra e Mauricio.
Sono stati in chiesa per fare apporre sulle loro Credenziali il sello (timbro) di Boente perché, a loro sapere, in quest’ultima parte del Cammino per ottenere la Compostela bisogna raccogliere più timbri al giorno, almeno due.
Ho sentito anch’io di questa regola ma, da quel che ne so, vale solamente per chi parte da Sarria e percorre gli ultimi cento chilometri e non per noi che invece abbiamo cominciato a camminare dai lontani Pirenei.
Ritenendo di avere già abbastanza timbri, confido sulla regola da me conosciuta e continuo a far apporre sulla mia Credenziale solo quelli relativi alle tappe giornaliere e ai luoghi che valuto più significativi.
Già che ci sono, colgo l’occasione della fermata per visitare la chiesa che, qui a Boente, è dedicata a Santiago.
La sua costruzione risale al XII secolo però, al giorno d’oggi, rimane ben poco dell’architettura romanica originale, per via dei vari rifacimenti apportati nel corso dei secoli.
Gli elementi più interessanti che caratterizzano l’interno sono il retablo dell’altare con la statua di Santiago e il soffitto tutto in legno; invece all’esterno l’interesse maggiore è dato dalla presenza sulla facciata di ben tre orologi, di cui due meccanici e uno solare.
Nel corso di tutto il Cammino ho visto e fotografato tantissime chiese e molte le ho anche visitate all’interno. Tante volte, come ho già detto, la chiesa ha rappresentato l’unico monumento d’interesse di un centro abitato e ritrarla è stato un modo per fermare il ricordo di quella specifica località.
Da una veloce stima, penso di averne fotografate più di duecento.
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Sono le dieci mentre giungiamo ad Arzua, località in cui confluisce il Cammino del Nord.
Questo e un altro itinerario per Santiago de Compostela ed è così chiamato perché si svolge lungo la costa settentrionale della penisola iberica, bagnata dal mar Cantabrico.
L’itinerario parte da Irún, cittadina spagnola vicinissima al confine con la Francia, distante in linea d’aria da Saint-Jean-Pied-de-Port appena una cinquantina di chilometri.
Il Cammino del Nord segue la linea costiera sino a Ribadeo e dopo punta verso l’interno della Galizia, confluendo ad Arzua, per l’appunto, con il Cammino francese.
In totale, fino a Santiago de Compostela, i chilometri che si percorrono seguendo il Cammino del Nord sono oltre 800.
– Quindi, niente sconti! –
La lunghezza di questo itinerario è pari a quella del Cammino francese e anche le difficoltà non sono da meno.
Contrariamente a quel che si possa pensare di primo acchito, questo Cammino non si svolge a livello del mare perché la costa cantabrica è per buona parte collinare e i saliscendi sono continui, arrivando a toccare anche quote significative intorno a 700 metri.
La bellezza dei paesaggi è garantita e i pellegrini che percorrono questa “Via” non possono non rimanere affascinati dai panorami, colorati allo stesso tempo dal verde dei monti e dall’azzurro del mare oceanico.
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Mentre attraverso Arzua, vedo la Capela da Madalena e la ritraggo in foto per aggiungerla alla mia personale collezione di chiese del Cammino francese.
La piccola costruzione risale al XII secolo e la semplice architettura ne testimonia l’origine romanica.
La chiesa faceva parte di un convento che nel passato si prendeva cura dei pellegrini e che oggi è stato riconvertito in ostello.
Sono tanti i momenti lungo il Cammino in cui si vedono persone, luoghi e situazioni che non so bene se definire “alternative” oppure “fantasiose”; certamente, sono da descrivere come “originali”.
In questa parte dell’odierno itinerario, una mezz’ora dopo Arzua, mentre camminiamo all’interno di un bosco incontriamo un accampamento presieduto da un giovane europeo. È vestito con abiti tipici sudamericani e il suo viso è caratterizzato da un lungo pizzetto sul mento, acconciato a treccia: unico agglomerato di peli a contorno di una testa totalmente calva.
Completano il quadretto naif un espositore con monili in ceramica da lui stesso realizzati, ovviamente sul tema del Cammino, e un’amaca, anche questa tipica dell’America latina, sulla quale il giovane sicuramente riposa di giorno e probabilmente vi dorme anche la notte.
Infine, l’elemento più originale di tutta la scena è un asino dall’aria assopita che staziona immobile poco distante dal bivacco.
Sono esposti in bella vista dei cartelli bilingue, sui quali c’è scritto con caratteri variopinti “Donkey Stamp” e “Sello del Burro”.
In pratica, il simpatico “hobbit” del bosco oltre a offrire i propri manufatti, ha predisposto un suo timbro personalizzato col disegno dell’asino, da apporre sulle Credenziali dei pellegrini che lo desiderano.
Dopo un altro paio d’ore di cammino siamo a Outerio.
Qui, di “originale” c’è il bar/birreria/pensione Tia Dolores Beer Garden che ha addobbato l’ampio cortile esterno con un’infinità di bottiglie vuote di birra, ciascuna autografata e datata dagli stessi avventori che l’hanno consumata.
A tema è anche la marca della birra: Cerveza Peregrina.
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Tra le località di Salceda e Santa Irene, vediamo una lapide che ricorda un pellegrino morto qui il 25 agosto del 1993.
Il suo nome era Guillermo Watt e aveva 69 anni.
Sono tante le lapidi che s’incontrano sull’itinerario verso Santiago de Compostela e che ricordano qualcuno che, a un certo punto, ha proseguito il proprio percorso imboccando la via del Cielo.
Per tutte queste persone è grande la commozione che si prova per il triste epilogo della loro esperienza sul Cammino ma la morte del pellegrino Guillermo colpisce ancor di più per il fatto che la sua dipartita sia avvenuta appena un giorno prima di raggiungere la meta auspicata.
Anche oggi, concludiamo la tappa intorno alle 15:00.
Siamo a O Pedrouzo e da qui mancano appena venti chilometri a Santiago de Compostela.
Troviamo alloggio nell’Albergue de peregrinos de la Xunta de Galicia, grande ostello comunale con centoventi posti letto, dove paghiamo 6 Euro.
Nella stessa struttura rivediamo Giulia e troviamo tanti altri pellegrini che abbiamo conosciuto in queste ultime tappe.
Siamo tutti molto euforici per essere arrivati a un passo dalla meta.
Per festeggiare ci diamo appuntamento per andare a cena insieme.
Considerando la numerosa presenza di pellegrini e anche di turisti che affollano quotidianamente Santiago de Compostela, decidiamo di prenotare l’alloggio per domani sera.
Per una questione logistica e per meglio assaporare il cuore del capoluogo della Galizia, desideriamo pernottare in una struttura poco distante dalla cattedrale; per questo motivo escludiamo l’ostello pubblico nel Seminario Menor che si trova distante dal centro cittadino.
Il pomeriggio passa veloce tra doccia, bucato e tante chiacchiere; poi a sera, come concordato, ritroviamo gli amici pellegrini in un locale poco distante dall’ostello.
Siamo dodici in totale e oltre ai compagni di sempre ci sono anche nuovi pellegrini con i quali si sta consolidando una bella amicizia.
Tra quest’ultimi annovero Antonio di Siviglia, Barbara di Lucca, Rodrigo, argentino che vive alle Canarie, Arnold dalla Svizzera e infine Martina dalla Germania ma ungherese d’origine.
Martina mi ricorda che sono stato io, all’inizio del suo Cammino, il primo pellegrino con cui ha avuto uno scambio di battute. Adesso che me lo dice, mi ricordo di questa ragazza da sola che mi ha dato l’impressione di trovarsi in difficoltà. Le ho chiesto allora se aveva bisogno di qualcosa e dopo avermi rassicurato, dicendomi che andava tutto bene, ho ripreso il mio passo e ho proseguito.
La serata si svolge all’insegna della baldoria, come se fossimo all’ultimo giorno di scuola, e si conclude con una serie di “chupiti”, orchestrati dal sevillano Antonio.
Nonostante tutto, non andiamo a dormire troppo tardi perché domani, nel giorno dell’arrivo a Santiago de Compostela, la sveglia suonerà alle quattro della “madrugada”.
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